(T. Cagnucci) – Rizzoli è l’ultimo colpevole, forse il più in buona fede di tutti gli altri. Per parlare di questo Juventus Toro ci vuole qualcosa a metà fra ”l’inferno sono gli altri” di Jean Paul Sartre e “gli altri siamo noi” di Umberto Tozzi (che pure è cuore Toro). Perché il Sistema Itaglia, gli scudetti di cartone,i posti di lavoro per raccomandazione, gli applausi ai sottoprodotti confezionati dall’Industria Culturale presentati nei talent show e nei reality show, non si fonda sul lavoro di un arbitro (che dovrebbe essere il rappresentante massimo del Giudizio) ma sul menefreghismo di tutti gli altri,sull’assenza stessa di Giudizio. Sull’indifferenza. Sulla noncuranza. Sulla maleducazione. Sul pressappochismo. Sulla superficialità. Sullo stesso sdegno generalizzato dopo questo Juventus-Torino del 23 febbraio 2014. È il day-after che spiega il giorno prima. E spiegherà anche il domani.
Lo sdegno generalizzato fa paura. Perché arriva con la corrente, con il gregge, arriva tutto insieme e uno si chiede: ma dov’era prima? Dov’erano (nello specifico) quando alla Roma non sono stati dati 7 rigori nelle 4 partite di fila pareggiate quando il campionato è girato non per caso? Dov’erano quando a Paloschi contro la Juventus hanno annullato un gol segnato dall’area di rigore del Chievo? E il gol di Pogba dell’andata è più digeribile del rigore non dato due giorni fa? Era normale darlo? E il primo gol segnato al Napoli dalla Juve in fuorigioco? E i gol a Verona? E il rigore sullo 0-0 col Genoa? E Calciopoli? E l’80? E… Se parlavi si sdegnavano ma perché te t’eri sdegnato. Los degno generalizzato dimentica, ammazza il giudizio, bene che va te lo mortifica e te lo butta in cojonella (“ancora co’ la storia der go de Turone che era bbbono… Ahahahah?”). Sssh qui non c’è niente da ridere.
E’ possibile che fino a un minuto prima dell’Evento scatenante e urticante nessuno si sia accorto di niente, nessuno abbia subodorato niente, nessuno abbia fatto niente per evitarlo? Quanto dureranno i rodimenti del momento (Guccini li chiamava giustamente i “tiramenti”)? A cosa portano? Cosa hanno mai cambiato? Rizzoli è l’ultimo colpevole, il Sistema Itaglia (Juventus non voglio chiamarla, perché malgrado tutto ci sono tifosi juventini autenticamente innamorati dei propri colori e magari lo sono diventati proprio nell’anno di B e a quelli, così come a chiunque abbia una passione nel cuore, va sempre il rispetto) non è nella mancata espulsione di Vidal o nel rigore non dato, ma in tutto quello che lo ha confezionato. Juventus-Torino succede prima e dopo Juventus-Torino: è nei commenti senza critica che si fanno nel pallone, e nei “giudizi” (povero Kant) sentiti al volo nella televisione, è in chi ti diceva «sei un complottista», oppure «sei una vittima» oppure «sì vabbè il rigore non te l’hanno dato però tu potevi vincere lo stesso» oppure «sì, il gol te l’hanno annullato ma se eri più forte vincevi lo stesso» oppure «invece di lamentarvi provate a fare una squadra forte». Il Sistema Itaglia è endogeno ed esogeno, molto spesso queste brillanti e scomode (!?) lezioni di vita sono arrivate da Roma. È la voglia di omaggiare sempre il vincente. Di servirlo per prenderne il posto.
È un Sistema che si basa sul niente valoriale e quindi su tutto, quindi va bene tutto. Basta dire cose che vanno per la maggiore, basta non fare autenticamente rumore ma alzare la propria voce all’interno di un coro, di un qualsiasi coro (soprattutto quelli di finta protesta). Juventus-Toro non è nel fischio o non fischio di Rizzoli (o di Bergamo o di Gervasoni o di Pairetto o di De Santis eccetera) ma nella trasmissione nazional popolare più seguita del pallone che apre parlando con Ghirardi (è il presidente del Parma) e poi quando è quasi costretta a presentare il servizio di Juventus-Toro si va con tutti i garantismi, i pluralismi, i condizionali del caso (che non sono mai a caso). E nei sorrisi di raccordo. Nella voglia di parlare d’altro, di divertimento forzato. E’ in quell’altra trasmissione nazional popolare (ma a pagamento però) che s’affretta a cercare un falletto dentro l’altra area, perché sì «c’era pure un rigore per la Juve», perché sì nella vita c’è sempre un rigore per la Juventus.
Il Sistema Itaglia, il rigore non dato, è nel faccione gaudente di Conte che dice «il contatto c’è, meno male che l’arbitro ha fischiato bene» e poi ride, poi ride pure. E anche dallo studio ridono, e tutti ridono, tutti pronti a capire e a dire «ma in fondo basta polemiche, si tratta pur sempre di pallone». In fondo siamo tutti amici, amiamoci e chiudiamo le curve a quei cattivoni che invece, per esempio, una volta hanno detto in curva, per esempio, un “Ti Amo”. Ti amo e ti amo campionato perché non sei falsato. Lo dimostra il faccione di Ventura che l’anno scorso per un rigore dato alla Roma (e che c’era) voleva presentare domanda di asilo politico al Quirinale e che l’altro ieri quasi a fatica – tra una foto e l’altra con piccoli fans bianconeri – ha ammesso «sì, c’era rigore», subito attento però ad aggiungere «ma la Juve è più forte della Roma eh». Il Sistema è in questo ed è nelle parole di Buffon che dice invece con nonchalance che «il contatto non c’è, però se c’è bisogna vedere che tipo di contatto»!? Geniale! Buffon è quello che se n’è andato dal campo a un minuto dalla fine di Roma-Juventus di Coppa Italia per un controfallo…
Juventus-Torino, il Sistema Itaglia è nell’accettare tutto questo, è nel sorridere a tutto questo, è nel trovare normale tutto questo. E’ nelle dichiarazioni roboanti e piene di dignità di ieri di Cairo dopo che il giorno prima s’era praticamente azzittito, perché ha capito che adesso il “popolo s’è arrabbiato”. Ma pure quelle fanno parte dello sdegno generalizzato: quanto durerà? Quanto è autentico? Quanta consapevolezza c’è dentro? Quanta voglia c’è di cambiare?
C’è ancora chi si stupisce davanti a certi fatti, il che da una parte è incoraggiante perché bisogna conservarlo lo stupore bambino davanti alle manifestazioni della vita: ti permette di coglierne il senso. Però dei ragazzini (senza cappellini con lo sponsor da mettergli) bisognerebbe avere anche la pulizia che hanno negli occhi, il loro essere svegli, la loro capacità di giudicare. E’ ai ragazzini che bisogna spiegare tutto e avere non tanto la forza, ma l’onestà di far credere loro non tanto che un altro mondo è possibile (quello ci penseranno a gridarlo da adolescenti) ma che semplicemente il pallone non è sgonfio, né bucato, che in questo Paese si può giocare. È un diritto fondamentale. Chi sottovaluta questo, sottovaluta tutto. Il nostro giorno dopo dev’essere veramente un altro giorno. Ieri era l’anniversario della morte di Alberto Sordi (chissà che avrebbe pensato di questi tempi senza goliardia) che col suo Marchese diceva: «Se tu me freghi qui, me freghi dappertutto». Rubare nel calcio significa rubare i sogni ai ragazzini. Significa il furto peggiore. Ieri era anche l’anniversario della nascita di Gigi Meroni che nel calcio è stato la poesia. Lo chiamavano la farfalla granata. Era quando il calcio era una fiaba. Fabrizio De André ne era innamorato, lo considerava un artista. Oggi più che sdegnarsi di Juventus-Torino bisognerebbe trovare la forza di credere ancora che davvero da questo letame possano nascere fiori così belli.