(D. Galli) Forse il presidente federale Giancarlo Abete non sa che «razza romana figli di puttana», «noi non siamo sporchi romani», «la Capitale, bruciamo la Capitale», o «la storia ci insegna che la lupa romana è una cagna bastarda che muore allattando due figli di cagna» sono cori cantati e tollerati ovunque. In qualsiasi stadio d’Italia. A Firenze, a Bergamo, a Milano, a Torino. A Napoli. Forse il presidente Abete non sa che quella che ieri ha definito «la libertà di insulto» è una «dimensione» (parole sue) che non riguarda affatto solo «alcune grandi tifoserie» (sempre parole sue) ma praticamente tutte le tifoserie di Serie A. Si salvano, forse, giusto quelle di Sassuolo, Chievo, Parma e Cagliari. Forse. Altro che passo indietro. Altro che rivisitazione della norma sulla discriminazione territoriale.
La Federcalcio non ci pensa proprio. Abete ieri è stato chiarissimo.Chiarissimo, oddio. Insomma. «Se passasse il concetto secondo cui questa realtà (la discriminazione, ndr) viene depotenziata in termini sanzionatori, assisteremmo tutte le domeniche a una libertà di insulto generalizzata, una dimensione che ha interessato alcune grandi tifoserie ma non si è manifestata in tanti club professionistici che non hanno avuto questo tipo di problemi. Il contrasto è più di carattere sociologico che normativo». Secondo Abete, «il cuore del problema sono i comportamenti da tollerare oppure no all’interno di uno stadio. C’è una pluralità di persone che ritiene sia legittimo insultare e che questa situazione sia normale allo stadio. Il confronto è su questi temi, non sul fatto se la sanzione sia più o meno grave. Quella è una riflessione che si può fare ma il cuore del problema non è il tipo di sanzione erogata ma la qualità dei comportamenti che devono essere tollerati o meno all’interno dello stadio». Abete non spiega invece perché i cori di discriminazione territoriale siano sanzionati solo per proteggere Napoli e i napoletani, come se Napoli e i napoletani ne avessero bisogno, come se Napoli e i napoletani – che si sono insultati da soli al San Paolo – desiderassero essere messi sotto protezione.
Anche per l’assessore allo sport di Roma Capitale Luca Pancalli non c’è nulla da fare: «La norma c’è e finché c’è va rispettata. È triste vedere gli stadi vuoti ma è altrettanto triste ascoltare negli stadi dei messaggi poco edificanti. Esiste la regola e nello stesso tempo credo che ci si debba attivare non per fare una facile demagogia ma, accanto all’applicazione delle norme, a quello che è un atteggiamento rigoroso, bisogna innescare meccanismi virtuosi perché oggettivamente così non è più possibile andare avanti». Per la Roma, le norme sulla discriminazione territoriale sono «incoerenti». Per Pancalli no: «Le norme vengono interpretate e applicate dalla giustizia sportiva, per cui le sentenze devono essere rispettate. Poi ognuno può avere la sua opinione». Ha partecipato al dibattito anche l’ex milanista Gennaro Gattuso. Che prima ha dato degli «imbecilli» a quelle «centinaia» che cantano i cori contro Napoli (erano migliaia, Genna’, erano migliaia) e poi ha detto anche una cosa intelligente: «Lo dimostrano le parole di Platini, nel resto dell’Europa non esiste questa legge (sulla discriminazione territoriale, ndr). Siccome nel mondo del calcio le leggi sono uguali per tutti, quella italiana è un’anomalia». Il clima da caccia alle streghe non aiuta la Roma, sempre più sola in questa battaglia di principio. Si sono tutti dimenticati di quanto questa società ha fatto per la propria gente (la Home, la Away, card per riempire gli stadi), per le famiglie con un settore a loro dedicato, di quanto si sia impegnata contro le vere forme di discriminazione, partecipando a una campagna internazionale contro il razzismo (“Don’t Cross The Line”). Non vale nulla, contano degli sfottò da stadio, replicati con la Samp per solidarizzare con le Curve chiuse, per protestare contro una norma che tenta di ingabbiare i tifosi, di insegnare loro a stare al mondo. Fuori dallo stadio insultate chi vi pare – questo è il senso – ma dentro guai a voi. La soluzione a cui sta pensando la task force del Viminale è quella della divisione in più settori delle Curve. Per punire meglio.
La Roma è sola, ma non lascia soli i suoi tifosi. Si batte, lotta per cambiare ’sta norma. Domani si vedrà bocciare dalla Corte Federale il reclamo contro la squalifica dei Distinti Sud. Il D-Day è martedì, giorno dell’udienza davanti all’Alta Corte del Coni. I reclami saranno accorpati: quello per salvare le Curve per l’Inter, e quello per i Distinti Sud. Intanto la società ha sospeso la vendita dei biglietti per Curva Nord e Distinti Sud. «Chi li avesse già acquistati – si legge sul comunicato del club – può richiedere esclusivamente il cambio di biglietto per un altro settore recandosi nel punto vendita Lis dove il tagliando è stato acquistato o presso gli AS Roma Store (anche per biglietti acquistati in altri punti vendita o presso il Centro Servizi AS Roma). Per gli acquisti tramite Call Center Lis (892.982) e canale web (www.listicket.com) sarà possibile richiedere il cambio settore mandando una mail all’indirizzo [email protected]». Al momento, non sono previsti rimborsi per gli abbonati.