(A.Austini) – Un altro schiaffo. Alla Roma, al calcio, ai diritti dei tifosi per bene.Il risultato sarà la desolazione totale dell’Olimpico quando sabato 1° marzo arriverà l’Inter: due curve vuote, idem i Distinti Sud. Uno «spettacolo» a cui assisteranno sette-ottomila persone sparse fra il settore famiglie, quello ospiti e le costose tribune.
La Roma perde nel merito ma vince nella sostanza: la norma sulla discriminazione territoriale c’è e va applicata, ma non è «congrua» quindi andrà riscritta per la terza volta. Questo, in sintesi, ha deciso la «Cassazione» dello sport.
Ieri l’Alta Corte di Giustizia presso il Coni ha infatti respinto i due ricorsi presentato dal club giallorosso contro la Figc, con cui chiedeva la riapertura delle curve Sud e Nord e la sospensione dell’obbligo di disputare la stessa gara con i Distinti chiusi. Non sono bastate le argomentazioni dell’ad Fenucci e dall’avvocato Conte unite al lungo reclamo. Ma un risultato lo hanno ottenuto: la stessa Corte presieduta dall’ex ministro Frattini ha disposto «la trasmissione della presente decisione alla Giunta Nazionale del CONI e, tramite la stessa, alla FIGC, per le valutazioni e determinazioni di competenza in ordine alla congruità e applicabilità della normativa sanzionatoria posta a base delle misure comminate».
Martedì prossimo si riunisce la giunta presieduta da Malagò che si è già espresso più volte in merito: il regolamento va rivisto perché così punisce anche i tifosi corretti. E svilisce ancor di più un calcio alla deriva. Ma la Roma intanto paga di nuovo per la terza volta in questo campionato. E la sua battaglia legale porterà vantaggi a tutti.
L’ultimo da convincere sembra Abete, il più «affezionato» al tema della discriminazione territoriale. «Appoggio le parole di De Sanctis, Totti e Garcia – spiega il presidente federale a margine di un’iniziativa al Museo Ebraico di Roma – quando c’è una norma, che sia o meno condivisibile, va rispettata. Si pone molta attenzione sulla regola, ma troppo poca sui comportamenti. La normativa è sempre in evoluzione, intanto noi abbiamo il dovere di ricordare quali sono i comportamenti da tenere negli stadi: non possiamo legittimare la libertà d’insulto».
Lo stesso Abete definisce poi «intollerabili» i vergognosi striscioni esposti durante il derby dagli juventini con ironia sulla tragedia di Superga. Così «intollerabili» che il club di Agnelli se l’è cavata con 25mila euro di multa. Il Giudice ha applicato lo «sconto» perché la società bianconera ha «concretamente operato con le Forze dell’ordine a fini preventivi e di vigilanza». Vero: hanno vigiliato talmente bene che di striscione non ne è entrato uno ma due. E l’efficiente Stadium, ci mancherebbe, resterà aperto nella prossima partita casalinga della Juve.
Il doppio della multa (50mila euro) se lo prende invece la Roma «per avere – si legge ancora nel dispositivo del Giudice Sportivo – un consistente gruppo di suoi sostenitori, prima dell’inizio della gara, verso le ore 20, tentato di abbattere, dall’interno e dall’esterno, un cancello attiguo ai tornelli d’ingresso allo stadio, scagliando tavolini e cassonetti contro le Forze dell’Ordine intervenute; per avere inoltre suoi sostenitori, nel corso della gara, lanciato quattro bengala nel settore occupato dai sostenitori della squadra avversaria e numerosi petardi e bengala sul terreno e nel recinto di giuoco». Peccato che quel cancello lo dovesse presidiare il Bologna, società ospitante, che si è limitata a mettere sul posto quattro steward. E nessuno di loro ha pensato di togliere di mezzo tavolini e cassonetti.
La Roma paga e conta i danni. Oltre ai 583mila euro di multe accumulati solo in questa stagione, ha dovuto rinviare l’apertura della prossima campagna abbonamenti in attesa che si calmino le acque. La gente non ne può più: i romanisti prometto di radunarsi sabato sotto la Figc al motto «#MoBasta» con gli arbitri pro-Juve e le sanzioni assurde. Così il calcio chiude. Non solo le curve.