(T.Carmellini) Roma-Parma: cronaca di una giornata di ordinario maltempo. Succede solo in Italia, soprattutto al centro, dove bastano tre giorni di pioggia per mandare in tilt una città: e poco importa se si tratti della Capitale.Inevitabile l’implicazione sportiva, nonostante i teloni messi dal Coni sul prato dell’Olimpico giovedì scorso dopo l’ennesima rizollatura. Nove minuti scarsi prima dei tre fischi di De Marco che rimanda la partita a data da destinarsi, probabilmente alle prime settimane di aprile.
Eppure Roma e Parma ci avevano provato a scendere in campo, anche se prima dell’inizio del match entrambe le squadre erano già convinte del fatto che non sarebbe stata una partita di calcio. Se i gialorossi hanno subito pressato l’arbitro per rinviare il match, alcuni giocatori del Parma sembravano più propensi a provarci. Il regolamente è chiaro, soprattutto per quanto attiene al ruolo dell’arbitro che deve avere «l’evidenza che non si possa giocare» per poter mettere a referto un rinvio ufficiale. La partita era così iniziata, ma era chiaro da subito che non si sarebbe potuto continuare per novanta minuti: quindi se De Marco ha commesso un errore, è stato quello di farla iniziare. Poi, una volta dato il fischio di inizio, i giocatori non ci hanno messo molto a capire quanto fosse alto il rischio infortuni. Ed è proprio questa la chiave di lettura dell’arbitro di Chiavari che nel suo referto ha giustificato la decisione per «salvaguardare l’incolumità dei calciatori».
I romanisti, Totti e De Rossi in testa (ma anche l’ex Cassano), in quegli otto minuti hanno più volte detto all’arbitro che non era possibile giocare. Garcia continuava a sbracciarsi e a dire al quarto uomo che quello non era calcio: impossibile proseguire su quell’acquitrino. Poi, dopo otto minuti e venti secondo di gioco o presunto tale (tra l’altro la Roma ha anche rischiato in incassare il gol beffa su un fuorigioco netto non rilevato), De Marco ha chiamato a sé i due capitani. Insieme hanno provato più volte a far rimbalzare il pallone con l’Olimpico intero che lo incitava modello-ola. Quindi la decisione di sospendere momentaneamente la gara e i consueti quindici minuti al termine dei quali la «comitiva» ci ha riprovato. Niente da fare, l’acqua sull’Olimpico continuava a cadere e il campo peggiorava a vista d’occhio, così la decisione: partita rinviata.
La Roma si ritrova così, fino ad aprile con l’«asterisco (una gara da recuperare) cosa già accaduta negli ultimi tre anni: per il caso-Sant’Elia nel 2011, l’acquazzone di Catania nel 2012 e per la neve di Bologna nel 2013. Un destino.
Ma alla squadra di Garcia va benissimo, perché avrebbe dovuto giocare cinque partite in quindici giorni (derby compreso) e si ritrova invece, senza colpo ferire, a non aver perso punti sulle inseguitrici. Il resto infatti lo hanno fatto il ko del Napoli a Bergamo e quello della Fiorentina a Cagliari. Pensare che un regalo potesse arrivare anche dalla Juventus sarebbe stato forse troppo anche per Garcia: che in molti ormai definiscono un uomo fortunato.
Ma ieri il tecnico, dopo aver sorriso per la decisione di De Marco, ha passato la serata a fare gli scongiuri non appena ha letto le dichiarazioni di Reja che ha augurato ai giallorossi un infortunio contro il Napoli. Una caduta di stile insolita per un uomo del suo stile»: ma si sa, il derby a Roma dà alla testa.