Non è più, non soltanto almeno, una questione di tifo. È una questione di buon senso e di rispetto, nei confronti di chi non ha commesso nulla e, cosa non da poco, di chi ha pagato prima un qualcosa che non potrà godere e che non gli verrà rimborsato. Se, dunque, vogliamo proprio scendere sul terreno della discriminazione, dobbiamo essere in grado di tutelare chiunque da questa minaccia, non soltanto due destinatari in particolare – Balotelli e i napoletani – tra i tanti che si vedono dileggiati da cori ostili in ogni stadio d’Italia.
Peraltro, tra le tante arbitrarietà che si stanno palesando nell’applicazione della cervellotica norma, va segnalata quella secondo la quale rappresenta discriminazione territoriale un coro – becero, ribadiamolo sempre – che inneggia al Vesuvio e, invece, è “insulto generico” un coro come quello dei tifosi della Fiorentina che inneggia all’incendio del Colosseo, al crollo del Vaticano e che chiosa con l’epiteto “bastardo” riferito al cittadino romano, sull’aria di “Bruci la città” di Irene Grandi.
Che sia la presenza o meno della lava la vera discriminante? In tal caso, oltre ai tifosi partenopei, potrebbero essere indicati come vittime di tale “reato” solo quelli del Catania…Per quanto demenziale, quest’ultima battuta non lo è certamente di più rispetto alla elefantiasi burocratica che regolamenta – o pretende di farlo – le problematiche di ordine pubblico legate al calcio.
In attesa di tempi e norme migliori, per il momento non possiamo che chiedere scusa, tutti, a una schiera di persone, ancora sorprendentemente numerosa, che spende soldi e impiega tempo per il calcio dal vivo.
Come loro simbolo e rappresentante, eleggiamo per questa volta Walter, lo chiameremo così, ragazzo di Lecce che aveva regolarmente pagato il suo tagliando per Roma-Sampdoria, assieme al biglietto del treno.