“A parte la sua denominazione geografica, l’Africa non esiste”. Dopo un viaggio decennale tra i suoi conflitti, le sue tribù e etnie, le contraddizioni, il giornalista Ryszard Kapuscinski arrivò a questa conclusione nel suo libro Ebano. Al Milan non sarebbero molto d’accordo. Senza i gol dei suoi due marocchini, i rossoneri avrebbero tre punti in meno e sarebbero in compagnia del Genoa. No, gli africani esistono e sono diventati i protagonisti del campionato italiano.
Prendete Adel Taarabt. Arrivato a Milano nello scetticismo totale dei tifosi milanisti, ha provocato ancora più diffidenza quando si è definito il “Balotelli del Marocco”. Poi però il gol all’esordio con il Napoli e quello alla Sampdoria l’hanno catapulato tra le certezze della formazione di Seedorf, lui che ha sempe avuto addosso l’etichetta dell’inaffidabile. Proprio il Milan è la squadra più coinvolta nella “rivoluzione africana” della serie A. Rami (anche egli di origini marocchine, ma nazionale francese) e Essien sono i pilastri sui quali Seedorf sta cercando di costruire il nuovo volto dei rossoneri. Rudi Garcia alla Roma invece può contare su Benatia e Gervinho, due che hanno realizzato quasi un quinto delle reti totali dei giallorossi (10 su 49). Conte alla Juve ha Asamoah, la Lazio il gioiello scuola Barcellona Keita.
Non solo brasiliani e argentini. I club italiani si stanno rivolgendo sempre più verso l’Africa per fare acquisti. Lo specchio di questo andamento è il Ghana. Nel 2008 solo 4 calciatori giocavano in serie A. Oggi i ghanesi sono 19. A parte il Ghana e la Costa D’Avorio, che hanno mosso rispettivamente un giro d’affari di 6 e 8 milioni di euro, la grande maggioranza di questi talenti è arrivata a costo zero. Come nel caso dei nigeriani, che nelle ultime cinque stagioni sono stati acquistati sempre a zero euro.
La serie A, povera e afflitta dalla crisi economica, non può fare a meno dei campioni del Sahara: giovani, forti e soprattutto economici.
Fonte: sport.sky.it