Sta perdendo la pazienza e al termine di Roma-Udinese lo ha anche detto. Garcia in questa settimana sta lavorando molto affinchè lui e i tifosi non debbano soffrire troppo sulla pressione degli avversari. Garcia ha rimproverato ai suoi la tendenza a farsi del male, sintetizzata nella concessione agli avversari di troppe occasioni attraverso passaggi superficiali, cali di concentrazione, errori a buon mercato.
L’allenatore ce l’aveva con coloro che hanno il vizio di fermarsi ad ammirare il panorama e magari di prendersene il merito. Vuole che Gervinho per esempio sia meno inventivo e più ovvio nei passaggi, talvolta intercettati in zona pericolo. Che Pjanic non sprechi tante azioni fornendo materiale agli avversari. Che lo stesso Nainggolan, spinto dall’istinto e dalla voglia di essere tutto, eviti certi preziosismi che con l’attuale penuria di centrocampo diventano fuoco amico contro i difensori in giallorosso.
A Verona c’è Pjanic sotto diffida, ma di ciò Garcia non terrà conto. Non è il momento di farsi del male da soli, come sottolinea lui stesso. La principale domanda che si sta ponendo è se sia meglio andare a Verona con il modulo preferito e Totti in mezzo al tridente oppure se riservarsi il capitano per la partita di casa. Ha ancora un paio di giorni per decidere e intanto fa riabituare Gervinho e Florenzi a colloquiare tra loro e con lo stesso Totti.
Altrimenti Garcia può modellare un 4-2-3-1 con Destro unica punta spinto da un Pjanic avanzato. Il che gli consentirebbe di riproporre contro il Torino, oltre a De Rossi giunto a fine squalifica, la Roma più offensiva che ha. Con Totti, debitamente riposato, e Destro insieme e forse Ljajic al posto di Gervinho, prosciugato da molte partite consecutive. L’ivoriano non si ferma da 19 gare, Coppa Italia compresa. In questa stagione ha giocato 2.240 minuti. Che sbagli qualche passaggio è persino comprensibile.
Fonte: Corriere dello Sport