(A. Bocci) – La zampata di Destro, il sinistro al volo di Immobile, la punizione magica di Balotelli. E, già che ci siamo, la doppietta di Paloschi, cinque reti in quattro partite con il piccolo Chievo, dieci nella classifica marcatori. Il gol è giovane e fa sorridere Cesare Prandelli. A poco più di cinquanta giorni dall’inizio del raduno di Coverciano la new generation batte un colpo significativo. I giochi per il Brasile si fanno adesso e l’allenatore azzurro ha salutato con particolare soddisfazione le prodezze degli sbarbati. Non è solo una questione di gol. Ma di personalità. Prandelli, dopo l’Europeo, aveva aperto al rinnovamento, puntando su El Shaarawy e Insigne a fianco di Balotelli, promuovendo Verratti come vice Pirlo, valutando l’inserimento di Ogbonna in difesa dietro il muro bianconero Barzagli, Bonucci, Chiellini. Ma, sul più bello, avvicinandosi il momento delle scelte, si è sentito tradito. Così è riemersa la candidatura di Totti e in attesa di capire se Giuseppe Rossi brucerà le tappe in quello che sarebbe una specie di miracolo, è riaffiorato Cassano, trascinatore del Parma. Il c.t. su Fantantonio aveva messo una pietra sopra dopo l’Europeo in Polonia e Ucraina. Ora, per cause di forza maggiore, è costretto a tenerlo in considerazione. Sarebbe una sconfitta, sia chiaro. Ma il Mondiale è il Mondiale.
E Prandelli ha il dovere di portarci la squadra migliore. Però gli acuti dei baby danno voce alla speranza. Così a chi gli chiedeva del totem Totti e del funambolico Cassano, lui ha allargato il concetto: «Ho visto ragazzi che hanno osato». Il problema non è un gol in più o in meno. Ma il salto di qualità che sinora non c’è stato. Ma che è lecito aspettarsi nel prossimo mese. Immobile sfida Tevez per la classifica dei cannonieri e dopo gli effetti della sbornia azzurra si è ripreso alla grande: tre gol al Livorno, uno da cineteca alla Roma che per bellezza ricorda quello di un certo Roberto Mancini. Destro, invece, è una classica prima punta. Con Immobile formava la coppia titolare della Under 21 prima affidata a Ciro Ferrara e poi a Mangia. Rivederli insieme in Brasile avrebbe più di un significato. Mattia, dopo un infortunio al ginocchio che ne aveva compromesso la crescita, si è ripresentato l’8 dicembre contro la Fiorentina, segnando il gol vittoria partendo dalla panchina e da quel momento non si è più fermato. Nove reti in tutto, una ogni novanta minuti (e spiccioli). Balotelli, invece, è semplicemente Balotelli. Non segnava da quaranta giorni, un missile da fuori area contro il Bologna. Dopo il buio è riesploso a Firenze: ha segnato su punizione il suo primo gol al Franchi, il dodicesimo in campionato, il sedicesimo in stagione, e sempre su punizione aveva favorito l’1-0 di Mexès. Balo è prigioniero del suo personaggio e anche contro la Fiorentina si è fatto notare per un inutile cartellino giallo, la reazione sguaiata agli insulti dei tifosi viola, le critiche all’arbitro frettolosamente rientrate per volere del Milan. Non cambierà mai atteggiamento. Ma in campo, per la prima volta, i suoi movimenti sono sembrati finalizzati a quelli dei compagni. La stagione che doveva segnarne la consacrazione, sinora è stata un mezzo fallimento. Ma non c’è Italia senza Mario. A differenza degli altri, che se la devono conquistare, lui può solo perderla. Simbolo dei giovani che sembravano perduti e invece stanno tornando in gioco. In attacco e in altri ruoli: Jack Bonaventura ha steso l’Inter con una doppietta, Florenzi ha portato avanti la Roma con il Toro. Il nuovo avanza. E Prandelli prende nota.