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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

De Rossi

Partiamo dal presupposto che se in qualsiasi cucina mancano gli ingredienti più succulenti la pietanza risulta non diciamo indigesta, ma di certo molto meno appetitosa. Anche quando la mano del cuoco è al di sopra di ogni sospetto. Ovvio che stiamo alludendo all’assenza in simultanea di Totti e Pjanic, altrettanto ovvio che Garcia debba ovviare chiedendo a chi è potenzialmente – mai avverbio fu più azzeccato – in grado di insaporire la partita, come Ljajic, di aggiungere qualcosa a una manovra un po’ monocorde. Per questo gli chiede, in particolare, di aggiungere qualità tra le linee, invece di continuare a decentrarsi lungo l’out sinistro, dove peraltro regala l’unico acuto del primo tempo, lasciando sul posto Jonathan con veronica di estro levantino. Se tutti, alla fine della prima frazione, si affrettano ad affermare che ai punti è meglio l’Inter, è soprattutto perché la Roma è la più prevedibile della stagione, come dimostra il moto perpetuo e quasi sempre inutilizzato di Gervinho: le percussioni dell’ivoriano non impattano soltanto contro il muro interista cui Cambiasso detta i (vecchi) tempi alla perfezione, ma anche contro il disordine romanista in fase offensiva. Tra goal annullati e pugnetti pescati dai terzi occhi, si arriva all’intervallo con una convinzione comune: chi azzecca i cambi vince, o almeno aumenta le chance. Serve una qualità che non lesini la presenza, nella Roma: è per questo che dura nove minuti il secondo tempo di Ljajic ed è per questo che comincia quello di Pjanic.
La Roma guadagna istantaneamente in termini di lucidità e circolazione di palla: c’è una fonte di gioco riconoscibile, ora, il che si traduce anche in maggiore lucidità offensiva.L’Inter si abbassa, pronta a sfruttare più metri di ripartenze, la Roma ora pensa con velocità aumentata di quel poco che potrebbe bastare. Al diciannovesimo della ripresa Mazzarri presenta Hernanes in luogo di Alvarez, la linea mediana registra un traffico da ora di punta. Chi più lucidamente pensa, dal settantesimo in poi, può portarla a casa. Destro si vede per le sponde e poco altro, Gervinho appena può funge da apriscatole, latita il cinismo tra le linee avanzate della Roma. Sussulti di Inter, compresi i tentativi di Hernanes dalla distanza; qualche apprensione di troppo tra De Sanctis e i colleghi di reparto. Mazzarri nel finale sceglie la freschezza di Botta al posto dei numeri di Icardi; il tutto un minuto prima di due occasionissime firmate Pjanic: destro dai venti metri con Handanovic che lucida il repertorio e torsione di testa con qualche giro in più del dovuto. Il mezzo Olimpico ancora non censurato ha motivo di credere nell’intera posta, come fosse scritto tra i mille tatuaggi di Naingollan, che cresce ogni minuto di più.
Ultimi dieci: Bastos per Destro, con qualche fischio che rimbomba un po’ troppo. Pugno di Juan Jesus a Romagnoli a centro area: occhio non vede, Inter non duole. De Rossi vede subito, per la verità, Bergonzi e gli altri cinque per niente. Finale per Florenzi, dopo che Mazzarri fa rivedere Zanetti: duecentoquaranta secondi a disposizione per caratterizzare la partita, recupero compreso. Tutto quello che non è accaduto prima, però, non accade neanche dopo: si finisce con il piccolo forcing interista che inchioda lo zero a zero. Speriamo che duri fino a San Siro, domani.

Paolo Marcacci

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