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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Taddei Destro

Non è semplicissimo scrivere un dopopartita quando c’è solo il dopo, in senso cronologico, ma non c’è stata mai la partita. E non perché il Chievo abbia mai mollato, anzi: sussulti di orgoglio e un affacciarsi timido dalle parti di De Sanctis cominciano ad arrivare nel secondo tempo, pensa un po’. Il fatto è che se questi sono i clivensi, la Verona meno nobile – ma più sportiva – in B ci va – come dicevano le nostre nonne – con tutte le scarpe, o scarpini che dir si voglia.

Pronti-via, è solo Roma e un Totti fulgido, che gioca e soprattutto pensa di prima, decentrando sempre uno tra Dainelli e Cesar, sistemandosi dove la palla gli può essere scaricata con comodità, in attesa che, ogni volta, la reinventi. Questo è il motivo per cui, a dispetto della pioggia gelida che raffredda in partenza gli umori di un “Bentgodi” dove l’eco è solo quello del settore ospiti, la palla scotta tra i piedi della retroguardia di Corini. Pure in testa, a dire il vero, come dimostra lo scellerato tentativo di assist aereo con cui Cesar pensa di aver – ah ah! – anticipato Gervinho sull’imbeccata al tartufo bianco offerta dal Capitano per vie centrali: all’ivoriano non resta che infilare un po’ di senno sotto la suoletta dello scarpino destro e piazzare un piattino da zero a uno, di dopolavoristica facilità. Nel frattempo, Rodrigo Taddei – toccato pure durissimo da Bentivoglio – conferma di essere senso euclideo messo al servizio di fondamentali sopraffini, Nainggolan punta al Nobel per il tempismo nei recuperi, Destro pare inappetente di fronte ai bocconcini che i difensori del Chievo, nella prima parte in versione Villaggio-Pozzetto, comicamente gli fanno passare sull’argentato vassoio. Il dominio è così assoluto che ci si prende la briga – e qualcuno di certo il gusto, cantava De André – di stupirsi per un battibecco tra Benatia e Maicon, nervoso e toccato duro. All’alba del minuto quarantadue, Taddei, di cui dicevamo sopra, sgombra un cunicolo di erba fradicia dalla tre quarti per far partire Destro: incursione centrale e rasoterra millimetrico, solo più fortunato di quello di Bologna, per lo zero a due che fa rientrare Giulietta e le fa chiudere le persiane del balcone: Romeo, stasera, è solo un gatto nostrano, sempre più sicuro del secondo posto in classifica. Mattia Destro, un goal ogni novantadue minuti, è sempre più statistica opposta ai pareri.

Il secondo tempo, che ha senso solo per un quarto minuto in cui proprio Destro e Totti fanno riaffacciare Giulietta per un applauso al loro scambio volante, serve per sporcare un minimo i guanti di De Sanctis, per far capire quanto Gervinho sia disposto a sacrifici meno appariscenti del suo gioco usuale, per consentire ai veronesi di buon senso di applaudire Totti, che Garcia dopo un quarto d’ora scarso già veste da torero per martedì sera.

Nota stonata: primo mezzo falletto, duro ma per nulla cattivo e ancor meno premeditato, e Mazzoleni ammonisce il diffidato Benatia, monumentale per contratto anche stasera. E vabbè, non pensiamo male, anche se fanno di tutto per farci cadere in tentazione.

Paolo Marcacci

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