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GAZZETTA DELLO SPORT Abete e Malagò, ferri cortissimi e grana contributi

Piero Grasso tra Malagò e Abete

(R. Palombo) – Circolo Antico Tiro a Volo, Roma, cuore dei Parioli, mercoledì sera. Va in onda ilpremio Donna Sport 2013, serata a cura del Panathlon Roma presieduto da Cesare Sagrestani, ex vicepresidente dell’Associazione Italiana Arbitri. In scena, l’immancabile presidente del Coni Giovanni Malagò ma anche il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, che si porta mentalmente dietro i ritagli dei giornali della mattinata. Dove fa bella mostra di se, direttamente dall’Aula Magna dell’Università di Padova, un attacco alzo zero di Malagò a non meglio precisati dirigenti del calcio italiano. Le premiazioni sono appena terminate, ma l’incontro ravvicinato, o megliolo scontro, avviene sotto gli occhi di tutti.

Testimoni eccellenti, oltre allo stesso Sagrestani, il segretario generale del Coni Roberto Fabbricini e l’amministratore delegato di Coni Servizi Alberto Miglietta. E’ molto raro vedere un tipo come Abete incazzato. Ma è proprio questo che avviene. I rimproveri rivolti a Malagò sono diretti e aspri«se devi proprio avercela con qualcuno tira fuori nomi e cognomi, non puoi fare di tutta l’erba un fascio», il virgolettato rappresenta solo un piccolo stralcio di quello che Abete rovescia addosso al presidente del Coni. Alla fine, a quanto è dato sapere, sembra escano fuori i nomi di Lotito e Preziosi, ma ad Abete, che sulla Gazzetta dello Sport e altrove ha letto il Malagò-pensiero («i tifosi si sentono autorizzati a delegittimare il sistema calcio perché vedono che il sistema è delegittimato da chi lo rappresenta») questo non basta per ritenere chiuso l’incidente. Ci si lascia assai freddamente. Il seguito alle prossime puntate.

Una di queste, non si sa quanto imminente, riguarda l’ormai celebre commissione contributi (e accorpamenti) coordinata dal vicepresidente Coni nonché presidente della canoa Buonfiglio. Varata il 16 aprile 2013, insediatasi con comodo, 46 giorni dopo, il 30 maggio, e riunitasi fin qui undici volte (una volta ogni 27 giorni, si può migliorare), schiera, oltre a Buonfiglio, Aracu (hockey), Barelli (nuoto) Di Rocco (ciclismo), Bianchi (triathlon), Binaghi (tennis), Dell’Olio (sci nautico), Giomi (atletica), Matteoli (pesca), Sesti (moto) e, sporadicamente, Gavazzi (rugby).Sempre in attesa di sapere da Malagò quali sono le linee guida del Coni, se l’indirizzo deve essere quello di premiare le medaglie o piuttosto i numeri della base (preferibilmente senza trucchi contabili sui tesserati), quesito senza risposta rivoltogli diversi Consigli Nazionali or sono da Binaghi, la commissione è «quasi a posto ». Parola di Matteoli, che ci tiene inoltre a far sapere che della paghetta promessa ai presidenti (36mila euro lordi l’anno) non solo non ha visto un euro ma nemmeno ha avuto comunicazione. Il «quasi a posto», che sarà presto trasferito in Giunta Coni per le conseguenti analisi politiche sul da farsi (e da non farsi) poggia su due direttrici: i cospicui risparmi che si potrebbero ricavare dai cosiddetti accorpamenti tra federazioni e federazioni e tra federazioni e discipline associate, tema pruriginoso che Palazzo di vetro vedrà di approfondire prossimamente, e quelli ancora più consistenti che si potranno determinare «aggredendo » il montepremi del calcio. Che dei complessivi 242 milioni di contributi Coni incassati annualmente dalle federazioni prende, come da oltre un anno ama ricordare Giomi, più di 68 milioni di euro, circa il 28%. Una percentuale che si vuole drasticamente ridurre, portandola intorno al 15%. Che vorrebbero dire 36 milioni di euro, 32 milioni in meno. Chissà perché, la commissione su questo punto la pensa in modo pressoché unanime.

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