(A. Schianchi) Il risultato sembra dire che non conta giocare bene, tenere a lungo il pallone tra i piedi, proporre azioni su azioni, costruire con pazienza e precisione la manovra, se poi alla fine ti ritrovi con una sconfitta tra le mani. Non è così, in realtà, perché quando mostri tanta bellezza raramente perdi. Il fatto è che alla Roma, padrona del campo al San Paolo, è mancato il guizzo decisivo, l’episodio favorevole, l’attimo fuggente, chiamatelo come vi pare… Insomma, il gol. Per il resto, il centrocampo di Garcia ha dato lezione di geometria e a quelli del Napoli, prima e dopo la rete di Callejon, è girata parecchio la testa. D’altronde i numeri raccontano una sfida assolutamente sbilanciata a favore dei giallorossi: 59,9 per cento di possesso palla nel primo tempo e 65,5 nella ripresa (la media è di 62,8); 612 passaggi effettuati (contro i 355 del Napoli); 82,5 per cento di precisione negli appoggi. Dominio totale, anche se a volte si dovrebbe ricercare maggiormente la concretezza.
Un ricamo continuo Le disposizioni tattiche di Benitez e Garcia spiegano molte cose: l’allenatore del Napoli si affida al solito 4-2-3-1 e a centrocampo, di fatto, ci sono soltanto Dzemaili e Inler; il tecnico giallorosso prima sceglie il 4-2- 3-1 e poi, dopo l’infortunio di Strootman, opta per una mediana a tre con Pjanic, Taddei e Nainggolan. In questo modo la Roma è in superiorità numerica lì in mezzo. E Pjanic detta tempi e ritmi di tutte le manovra. Il bosniaco tocca 95 palloni, effettua 74 passaggi (soltanto 9 errori), 1 lancio, 1 cross, 2 sponde. Onnipresente. Accanto a lui, soprattutto nel primo tempo, si fa notare Nainggolan che conclude la partita con 7 lanci, 7 palloni recuperati e 2 dribbling riusciti: lavoro da mediano e non solo. Di fronte a tanto ricamare da parte dei centrocampisti della Roma quelli del Napoli se ne sono stati fermi, a protezione della loro difesa: Dzemaili e Inler, in due, hanno fatto gli stessi tocchi di Pjanic (95). La differenza di qualità sta in queste cifre.
Doppia fase Ma a Benitez manca soprattutto il contributo di Hamsik. Marekiaro interviene 38 volte nella manovra (pochissimo), effettua 24 passaggi e ne sbaglia 8, perde addirittura 17 palloni e non azzecca nemmeno un dribbling. L’unica nota positiva della sua prestazione riguarda il gioco di sponda: ne fa 7 a favore degli inserimenti dei compagni. Ma è troppo poco per uno che, nella posizione di trequartista dietro all’unica punta (Higuain), dovrebbe sempre creare pericoli agli avversari. Hamsik, invece, non riesce ad attaccare (1 solo tiro e nessuna occasione creata) e nemmeno a difendere (1 pallone recuperato). Ovvio che dovrebbe essere lui ad aggiungersi alla coppia centrale Dzemaili- Inler per aiutare nella fase di contenimento, ma Hamsik è l’ombra del giocatore che tanto abbiamo ammirato in passato. L’impressione è che la sua crescita sia necessaria in questo finale di stagione, altrimenti i sogni del Napoli, al di là della vittoria sulla Roma, sono destinati a farsi più piccoli.