(P. Ziliani) – La musichetta-Champions? No, grazie. Per le nostre partite ci vorrebbe la sigla di Casa Vianello, gli sketch di Sandra e Raimondo che si concludevano immancabilmente nel lettone, lui con la Gazzetta in mano e lei a scalciar via coperte e lenzuola al grido di “Che barba! Che noia! Che noia! Che barba!”. Il pianeta del pallone italico ha assunto ormai i tratti del paesaggio lunare: disabitato (lo stadio), lugubre (il gioco), immobile (il tutto). E se negli Albi d’Oro delle Coppe continuiamo a guardare tutti dall’alto in basso (la Champions l’abbiamo vinta 12 volte, una in meno della Spagna primatista, mentre nessuno ha fatto meglio di noi in Uefa: 9 trionfi, 2 più di Spagna e Inghilterra), è perché un tempo eravamo fortissimi. Ma nelle ultime dieci stagioni abbiamo vinto due Champions con i due club milanesi oggi desaparecidos (2007 Milan, 2010 Inter) e zero Uefa- Europa League, mentre la Spagna ha messo a segno un 3+5 e l’Inghilterra un 3+1, ma con 5 finali di Champions perse da 4 suoi club, Arsenal, Liverpool, Chelsea e due volte United. E insomma, ammettiamolo: facciamo pena.
La cartina di tornasole della nostra inadeguatezza, spiace dirlo, è la Juventus: che a Lilliput, cioè nella Serie A italiana, sembra più forte del Grande Torino mentre in Europa, in un girone eliminatorio con Galatasaray e Copenaghen, non ce la fa a passare il turno lasciando 5 punti su 6 ai turchi e 1 ai danesi, che ancora lo stanno raccontando ai nipotini. Siamo diventati gli Anderlecht dei tempi belli (per noi), cioè le squadre che tutti sognano di pescare al momento del sorteggio una volta sbrigate le formalità dei gironi eliminatori. E d’altronde, se il Milan 7 volte campione d’Europa, secondo solo al Real, è diventato la squadra ideale da prendere a pallate una volta arrivati agli ottavi (le ultime batoste: 4-1 dall’Atletico due settimane fa, 4-0 dal Barcellona un anno fa, 3-1 dal Barcellona due anni fa, 4-0 dal Manchester quattro anni fa), quel Milan che una volta ne rifilava 4 in finale all’Ajax di Crujiff, che qualcosa si sia rotto, nel Belpaese del pallone, è chiaro a tutti.
Abituati a confrontarci con Inghilterra e Spagna sempre col nostro “superiority complex” (leggi puzza sotto il naso), ci è piaciuto raccontare in giro che sì, Barcellona e Real erano forse di un’altra categoria, ma dopo di loro c’era il nulla; e che a dirla tutta la Liga era una pizza di campionato, e la Premier pure, mentre l’equilibrio e l’incertezza della nostra Serie A non avevano eguali. Così cianciando abbiamo finito con lo sbattere il muso: e ci ritroviamo oggi con la botte vuota (stadi deserti, gioco scadente) e la moglie sobria (equilibrio e incertezza scomparsi). E mentre la Juve, fatta fuori dai turchi, ammazza l’interesse del campionato già a febbraio, naturalmente col massimo supporto degli ineffabili arbitri made in Italy, staccando il Milan di 42 punti (a maggio potrebbero essere 60), in Spagna, dove le partite sono spettacolo puro, in cima alla classifica ci sono 3 squadre in 3 punti, con l’Atletico davanti agli invincibili Barcellona e Real (!); e in Inghilterra, dove le partite sono magia, in vetta ci sono 4 squadre in 6 punti (Chelsea, Liverpool, M. City, Arsenal) col City, terzo a -3, con due partite in meno, potenziale capolista.
Nel ranking-Uefa (1a Spagna, 2a Inghilterra, 3a Germania) abbiamo assistito, increduli, al sorpasso ai nostri danni dagli snobbatissimi tedeschi: e adesso, mentre Bayern e Dortmund portano la Germania sulla luna, già sentiamo sul collo il fiato di Portogallo e Francia, che hanno due club a testa ancora in lizza in Europa contro la Juve, scesa al piano interrato dell’Eu – ropa League, sola superstite italiana. E insomma, apriamo il pugno e in mano non c’è rimasto niente: non lo splendore delle partite, non l’entu – siasmo della gente, non l’equilibrio di un campionato magari brutto ma di cui andavamo fieri. E mentre Spagna e Inghilterra sono diventati per gli amanti del calcio il Paese dei Balocchi, in Germania il Bayern ha ammazzato la Bundesliga, ma è in corsa per rivincere la Champions; in Francia il PSG ha ammazzato la Ligue1 ma è in corsa per vincere la Champions; mentre in Italia la Juve ha ri-ammazzato la Serie A, ma in Champions non c’è più! Ha Tevez e Buffon, ha Pirlo e Pogba, ha Llorente e Vidal, ma se ti capita il Galatasaray, e sei un club italiano, è come trovarti in quello spaghetto-western anni 60: ehi amico, c’è Sabata, hai chiuso!