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IL ROMANISTA La Roma

Florenzi e Destro esultano sotto la Sud

(T.Cagnucci) – È impazzito. È esploso. Quel boato dello stadio. L’ultimo all’ultimo minuto prima di oggi, di stamattina quando si inaugurerà un’altra storia forse più grande ma che non potrà mai fare a meno di quel boato, di quell’urlo, di questo stadio che è uno stadio di lacrime e preghiere, di corse e abbracci, di tutto. No, lasciate perdere per un attimo la corsa di Florenzi, quelle labbra spiaccicate sulle mammelle della Lupa addosso alla vetrata e alle gole dei tifosi della Roma come lui, lasciatela ancora correre quella corsa perché è infinita, guardate per un attimo più indietro sulla trequarti in difesa ci stanno Castan e Toloi che s’abbracciano per terra. Toloi c’ha la faccia affossata nell’erba: sta guardando dentro al pozzo il suo esordio, adesso sa cos’è la Roma. In un attimo. In una partita. In un minuto. Castan se l’è abbracciato, se l’è travolto, sembravano Carletto e il Capitano quel giorno con l’Avellino.

E se il paragone sembra blasfemo è perché non c’eravate allo stadio ieri o perché non c’avete la Roma dentro. Perché se il paragone è blasfemo è più assurdo cercare di capire come tutto questo, questo Guernica della felicità, quest’impazzimento, sia per un Roma-Torino di martedì sera per una trentesima di un campionato che è finito per il primo e per il secondo posto e in teoria non valeva per niente. È vero. Ma c’è qualcosa di più grande, di più poetico, di più romantico, di più romanista di dare tutto per niente? Di emozionarsi per un gioco? Di correre per un abbraccio? C’è qualcosa di più romanista di questa corsa? Guardatela quella di Florenzi non finisce continuerà un giorno in un altro stadio. C’è qualcosa di più grande della Roma quand’è Roma? Qualcuno s’è accorto che Padelli Daniele ha giocato tra il gennaio e il giugno del 2007 col Liverpool, che al Torino Padelli Daniele ci è arrivato il 30 maggio dell’anno scorso e che il risultato di questa ultima partita di questo ultimo stadio era un 1-1? Sembra un vaticinio, ha il soffio della profezia: andare oltre quella notte, superare la nostra storia, stamattina, andare incontro all’alba come Florenzi ha fatto con la Curva.

Stamattina s’inaugurerà un’altra storia forse più grande ma che non potrà fare a meno di quel boato. Sordo. Forte. Eterno. Assordante. Chiaro. Profondo. Di questo stadio che è uno stadio di lacrime e preghiere, di corse e abbracci, di tutto. Perché la Roma è stata sempre così: uno stadio dell’anima e del cuore. Perché prima di giocare ieri, sotto la Sud c’era andato un signore che ha tutti gli anni della Roma scolpiti in faccia e che si chiama Renato Ferraris: è il nipotino che Ferraris IV si portava a Testaccio. S’è messo la mano sul cuore e ha fatto l’inchino alla Curva Sud, s’è messo a piangere e sembrava un ragazzino, sembrava Florenzi, s’è messo a piangere e Nela se l’è abbracciato, sembravano Toloi e Castan, Carletto e il Capitano. Era la Roma.

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