(R. Sensi) In questi giorni abbiamo letto, ma non è certo una novità, che molte società pur aumentando il fatturato, hanno pesanti indebitamenti con le banche, chiudendo in rosso i bilanci. Facendo una piccola e rapida analisi, sicuramente il costo che pesa più di tutti è alla voce “costo del personale”. Nel quale sono compresi i calciatori. Facendo un piccolo excursus sullo stato del calciatore, lavoratore dipendente, si possono porre diverse domande.
Con la legge ’91 del 1981 si regolava, per la prima volta in Italia, il rapporto di lavoro subordinato tra calciatore professionista e società sportiva.Questa legge è stata una conquista per i calciatori che così potevano vedere riconosciuto il loro status di lavoratore subordinato e dipendente, acquisendo alcuni diritti ma soprattutto potendo finalmente scegliere senza quel vincolo che permetteva alle società di “scambiare” i giocatori senza il loro assenso. La legge poi rimandava all’Associazione di Categoria Aic poter regolare, in accordo con le Leghe e la Figc uno schema per tutti i calciatori.
Nel tempo si è poi giunti alla “famosissima” legge Bosman che, a seguito di una sentenza che porta appunto lo stesso nome del giocatore che ha promosso la causa, ha prodotto la possibilità per un calciatore di trasferirsi a fine contratto liberamente in altra società. Tutte queste informazioni sono importanti per inquadrare la posizione di un calciatore oggi in Italia e non solo. L’Aic nel tempo è diventata un’associazione sempre più “forte”, lasciando a volte nel panico migliaia di tifosi quando, in alcune occasioni, ha minacciato uno sciopero dei calciatori, bloccando così di fatto il campionato di calcio.
Il suo attuale presidente, Damiano Tommasi, è un uomo saggio, intelligente e pacato ma ciò che rappresenta, a volte, è esattamente il contrario. La legge certamente tutela i calciatori e non certo le società che sono sempre sotto “ricatto” per le richieste dei calciatori stessi.
Tra le varie riforme che il nostro calcio deve affrontare e proporre perché non considerare un nuovo inquadramento dei giocatori più pagati?
Sì perché una differenza bisogna farla ed è quella tra un calciatore con un ingaggio importante o addirittura stellare ed invece calciatori che percepiscono somme modeste. E non parliamo poi dell’inquadramento dei calciatori dilettanti.
In questo caos normativo, sia la legge dell’81 che la sentenza Bosman, se da un lato hanno normalizzato la figura giuridica del calciatore professionista, dall’altro hanno creato disordine ma soprattutto problemi finanziari a tutte le società sportive.
Quando si “acquista “ un calciatore da altra società, con un contratto di cinque anni, bisogna mettere in conto in bilancio la forte probabilità che dopo tre anni, se si vuole trattenere il calciatore, occorre rinnovargli il contratto a cifre sicuramente superiori, caso contrario il giocatore si potrà trasferire liberamente ad un’altra società a parametro zero, senza nessuna difesa o possibilità per la società che lo ha preso e ha investito grossi capitali.
Ora tutti questi vantaggi, che giustamente hanno tutelato la figura del calciatore, stridono con l’interesse delle società che oggi devono diventare casse senza fondo per continuare la propria attività e non vedono tutelati i loro diritti.
Una semplice proposta, non certamente esaustiva, è quella di non gravare le stesse società dal pagamento dei contributi sui giocatori o meglio ridurrle, come nel caso della Spagna. Ormai è una prassi che i calciatori richiedono alle società l’ingaggio e gli stipendi al netto delle tasse e le società si devono far carico di ciò sui compensi dei giocatori.
Proprio in questi giorni, in cui si parla di Imu, Tares e tasse che gli italiani devono pagare, mi sono chiesta perché calciatori che percepiscono lauti stipendi come dipendenti, non contribuiscono direttamente o parzialmente nei confronti dell’erario, senza gravare ulteriormente nelle casse delle società.
Il Presidente dell’Aic Damiano Tommasi ci potrà rispondere su una serie di dubbi che lecitamente ci siamo posti e forse chiarire alcuni punti per molti incomprensibili. Come è possibile che i calciatori guadagnano cifre enormi al netto delle tasse dovute allo Stato e le società perdano oltre per pagare enormi ingaggi e stipendi anche per pagare le tasse per i giocatori stessi? Perché tutto ciò?
Se una nuova norma un giorno potrà essere approvata vedremo le società poter investire non solo sulla squadra e forse sugli stadi, ma merchandising e altro ed i giocatori avrebbero comunque altre soddisfazioni con un forte senso di appartenenza alla squadra e insieme avrebbero sempre l’amore e l’attaccamento dei propri tifosi.