(E. Menghi) – Ora che lo stadio è senza veli e tutto il mondo ha potuto apprezzarne o criticarne l’aspetto che mixa futuro e passato, sorgono interrogativi che difficilmente saranno fugati da qui alla posa della prima pietra. Il primo dubbio riguarda proprio i tempi di realizzazione della nuova casa giallorossa. I lavori dovrebbero iniziare al più tardi tra un anno, ma potrebbero bastare nove mesi per sbrigare le procedure del caso e cominciare a dare forma all’impianto progettato da Dan Meis. Altri due anni saranno necessari per ultimare la costruzione, perciò l’obiettivo iniziale sembra destinato a slittare e le aspettative del sindaco Marino saranno disattese, perché è praticamente impossibile immaginare l’inaugurazione nella stagione 2016-17, mentre è decisamente più probabile che la Roma entri nel nuovo stadio a partire dall’annata successiva.
La società non può farci molto, è una norma a dettare le condizioni. La Legge di Stabilità (nr. 147/2013) approvata a dicembre, con un capitolo dedicato alla costruzione di impianti sportivi, prevede un iter lungo e complesso, che va dai venti giorni utili per presentare uno «studio di fattibilità che vale come progetto preliminare» all’ok definitivo che dovrebbe arrivare entro novanta giorni e poi via via una sfilza di procedure che la Roma non può bypassare. Certo è che non è nemmeno intenzionata a lasciare incompiuto un progetto studiato nei minimi dettagli per due anni interi. «Non voglio opere che rimangano in costruzione per decenni», l’avviso di Marino che trova tutti d’accordo. Sui tempi di realizzazione incideranno necessariamente tutte le incognite sul territorio: strade, ponti, uscita del raccordo, tutto ciò dovrà funzionare a meraviglia intorno allo stadio dei sogni. Nelle slide mostrate in Campidoglio non c’era traccia delle infrastrutture che permetteranno ai tifosi di raggiungere l’impianto, ma se la Roma ha scelto di svelare il progetto nascosto a lungo viene da pensare che un piano regolatore sia stato stilato e approvato in linea di massima. Altrimenti le responsabilità del fiasco andrebbero spartite tra tutti gli addetti ai lavori coinvolti in questo maxi-progetto dal valore iniziale di 300 milioni di euro, che lieviteranno proprio a causa dei costi per la viabilità e il trasporto pubblico.
Dal Comune non arriverà un centesimo: non è solo una promessa ma una certezza. «È una sfida per Roma, per i tifosi e per la città. Alcuni interventi importanti sulla viabilità – ha detto il presidente del IX Municipio, Andrea Santoro, ai microfoni di Centro Suono Sport – risolverebbero tanti problemi della zona di Tor di Valle. Se il progetto diventasse sostenibile anche per i cittadini residenti sarebbe il massimo. Il depuratore dell’Acea (difficile spostarlo, potrebbe essere interrato, ndr) è un intervento da fare. Il nostro Municipio ha subìto una grande espansione, ma non sono state mai fatte opere di infrastrutture riguardanti la mobilità. Ora spero che alcune beghe politiche non fermino tutto». Se non ci saranno le adeguate infrastrutture, non ci sarà nemmeno lo stadio, perciò è nell’interesse comune far sì che tutto vada per il meglio. Lo stadio si affaccerà sul fiume e in molti hanno manifestato la loro preoccupazione perché Tor di Valle sarebbe «un’area ad alto rischio idrologico», ma nella conferenza stampa di presentazione è arrivata una rassicurazione: «Sarà un’area rialzata». Le alluvioni che hanno colpito la città ultimamente fanno temere l’esondazione del Tevere, per via degli argini poco sicuri ma sono stati svolti dei sopralluoghi anche prima dell’acquisto del terreno e i professionisti hanno dichiarato l’area sicura. Poi c’è anche il nodo relativo ai trasporti: servirà un prolungamento della Metro B fino a Muratella, il potenziamento della ferrovia Roma-Lido, una possibile uscita dalla Roma-Fiumicino e un ponte sul Tevere. Opere grandi portano grandi interrogativi.