Il cielo di Cagliari è come quello d’Irlanda, oggi pomeriggio: mutevole dall’estate anticipata alle ombre d’un autunno fuori stagione nel secondo tempo; Garcia è, al solito, elegante come Fiorella Mannoia in concerto e la Roma del secondo tempo torna a essere polifonica, dopo una prima frazione passata ad accordare gli strumenti.
Un Cagliari volenteroso, ma nulla più, nella prima parte: troppe, anzi, le giocate dalla misura sbagliata, vista la qualità che portano a spasso i piedi di Cossu, Nenè, Pinilla.
Inizialmente si soffre a sinistra, poi Garcia scambia Gervinho e Florenzi per strozzare sul nascere le iniziative rossoblù lungo l’out destro degli isolani.
Osservato speciale, Radja Nainggolan: curiosità sull’impatto emotivo, sull’effetto che può fargli la mozione degli affetti nella sua terra d’adozione, su quanto e come tutto questo potrebbe intaccare la sua serenità. Alla resa dei conti – con la minuscola – dopo qualche minuto di titubanza comincia a chieder palla, pur con qualche appoggio sbagliato, per entrare sempre più nel vivo del l’interpretazione che oggi chiede Garcia: break e ripartenze per vie centrali, con Gervinho che trova inizialmente meno spazi ma che col passare dei minuti ridiventa, al solito, caos organizzato, sorprendente anomalia, imperfezione che corregge se stessa all’andatura di Speedy Gonzalez. Sta di fatto che Radja, parastinchi coi Quattro Mori e orgoglio di essere romanista, è il demiurgo dei minuti trentadue e cinquantasei: lettura lucida dell’azione, individuazione della zolla più sgombra nella linea mediana e ampiezza di visuale per giocare la palla a beneficio del tempismo con cui Gervinho e Destro piazzano lo scatto. Zero a due col minimo sforzo apparente, Destro che appone la marca da bollo sul passaporto per Manaus, partita in discesa e Cagliari frustrato. Ibarbo per Nenè: più movimento, occasioni sempre col contagocce.
Sempre Gervinho, come e appena può: Destro ringrazia per la terza volta, Prandelli se ci sei batti un colpo; il pallone che Mattia porta a casa è autografato da Gervais e Nainggolan, che saluta al minuto ottantatré: nei suoi occhi gratitudine per un popolo unico al mondo, commozione per un applauso giallorossoblù, soddisfazione per aver dimostrato di essere sempre lui.
C’è tempo per il rigore cagliaritano, realizzato da Pinilla che aveva subito il fallo di Benatia; per lo stiramento maledetto di Benatia, per qualche residuo di vivacità isolana.
Sul Sant’Elia dal vuoto metafisico, sul cielo mutevole di Sardegna, sui tre punti che interrompono il ciclo dei grandi numeri come profetizzato da Rudi il bellissimo, si stende benevolo lo sguardo di Francesco Totti. Una volta tanto, la Roma è stata brava anche a non far rimpiangere il Capitano.
Paolo Marcacci