(M. Iaria) In Italia c’è un muro di diffidenza tra tifosi e società. Sì, è vero, esistono isole felici. Ma l’istantanea complessiva trasmette quel senso lì. Lo si comprende anche parlando, a taccuini aperti o chiusi, con i dirigenti, le istituzioni, cioè quelle figure che da Nord a Sud una parte di pubblico ha messo in discussione a suon di contestazioni, boicottaggi, semplice indifferenza, o peggio minacce e ritorsioni.
Toni aspri Di fronte all’escalation degli ultimi mesi, la Lega di Serie A ha alzato la voce con un comunicato di una durezza senza precedenti, da un lato invitando le autorità di sicurezza a intensificare l’azione chirurgica (cioè niente sparate nel mucchio) di individuazione e punizione dei colpevoli, dall’altro annunciando di costituirsi parte civile per reclamare i danni d’immagine sul campionato. Secondo i sondaggi in possesso della Lega, la fuga dagli stadi (dai 34mila spettatori medi del 199192 agli attuali 23mila) è causata per il 56% dei casi dalla percezione degli impianti come luoghi insicuri. Ma il 45% delle persone non va allo stadio per i prezzi troppo alti e il 13% perché mancano comfort e «atmosfera ». Insomma, la tifo revolution evocata nella prima puntata della nostra inchiesta non si può ridurre a una questione di ordine pubblico. C’è un malcontento che si è annidato a causa della mancanza di politiche inclusive e, in generale, di attenzione verso i tifosi «reali», coi club e la Lega inebriati dalla pioggia di denaro delle tv. A ogni modo, il fronte comune che i club stanno erigendo riguarda innanzitutto la «bonifica » degli stadi: in Lega si è consapevoli del fatto che sia stata trascurata la tifoseria sana, che siano mancati i canali di comunicazione con la gente, ma si ritiene che la priorità sia un’altra, cioè che la violenza – fisica e verbale – venga estirpata.
Esperienza diretta Ma cosa ne pensano i presidenti? Urbano Cairo, patron del Torino, ricorda che «le contestazioni ci sono sempre state, sono toccate anche a me. Io ho cercato di gestirle: aspetti che passi la piena, mantieni la razionalità, non scendi sul terreno delle provocazioni, cerchi di migliorare dove hai sbagliato. Se le contestazioni sono molto forti il dialogo diventa difficile, ma con il tempo, se c’è rispetto, il dialogo si può riaprire. Siamo in una società democratica, la gente è libera di comunicare quel che vuole, devi riuscire a gestire le persone in modo intelligente ». Dall’emergenza alla fase costruttiva il passaggio è fondamentale. «In tempi di crisi – continua Cairo – ho cercato di andare incontro ai tifosi ribassando i prezzi dei biglietti, così le presenze allo stadio sono cresciute. In generale, serve una strategia comune, tutti i club devono mettersi attorno a un tavolo per fare delle proposte inclusive».
Coordinamento Un ragionamento simile a quello di Edoardo Garrone, presidente della Sampdoria: «Anche noi, nelle ultime stagioni, abbiamo dovuto fare i conti con alcune contestazioni figlie di risultati poco soddisfacenti ma, fortunatamente, le stesse sono sempre rimaste all’interno di confini di legalità a eccezione di un paio di isolati episodi. La Sampdoria cerca di mantenere con la tifoseria un rapporto di continuo contatto e confronto attraverso gli strumenti multimediali ma anche tramite il lavoro di alcune figure istituzionali; il tutto sempre nel rispetto delle leggi vigenti e dei rispettivi ruoli. A livello societario promuoviamo il fair play e l’integrazione con le tifoserie avversarie attraverso il Fair Play Village; i nostri tesserati, presidente compreso, partecipano a incontri e manifestazioni con la tifoseria soprattutto a scopo benefico; inoltre sensibilizziamo il territorio nella lotta al razzismo e alla nonviolenza con diverse iniziative». Proprio in questi ambiti servirebbe un salto in avanti, «un impegno diretto e coordinato da parte della Lega potrebbe portare benefici a tutti, in particolare nel facilitare l’accesso agli impianti durante le gare».
Salto Molte società sono frustrate. Si sentono abbandonate dalla politica, ritengono che la responsabilità oggettiva si sia trasformata in un’arma di ricatto che alcuni gruppi usano per far scattare multe o chiusure. C’è poi la Juventus che, pur con il suo impiantomodello e politiche di fidelizzazione mirabili, ha dovuto fare i conti con cori discriminatori e striscioni oltraggiosi. Per il club bianconero certi comportamenti non sono più tollerabili e serve un salto culturale non solo da parte dei tifosi ma di tutti gli stakeholder del calcio. Da chi uno stadio di proprietà ce l’ha a chi vorrebbe averlo presto. Secondo Barbara Berlusconi gran parte dei problemi passano proprio da qui: «Nel nuovo stadio del Milan ci sarà uno spazio dedicato alla tifoseria organizzata, l’anima del nostro tifo. Spero che con la nuova struttura ci siano sempre più situazioni positive e costruttive».