(M. Cecchini) – Lo ammettiamo: siamo sicuri che Ray Bradbury, scrivendo la raccolta di racconti «Le macchine della felicità» – pubblicata in Italia proprio 50 anni fa – non pensava al calcio e alle sue altimetrie sentimentali. Eppure c’è una storia intitolata «Il migliore dei mondi possibili» che potrebbe essere il manifesto di tutti quegli allenatori camaleontici come Rudi Garcia. In sintesi, uno dei due protagonisti vive appunto nel migliore dei mondi possibili perché sua moglie – grande attrice che per amore si era ritirata dalle scene – cercava la felicità interpretando ogni sera per il suo uomo un personaggio diverso, così da sentirsi realizzata e nello stesso tempo non farlo mai annoiare. Ci fermiamo qui, ma questa Roma che rialza la bandiera del sogno ha scoperto al proprio interno una duttilità tale da renderla terra del meraviglioso possibile.
Garcia ci crede Infatti, a questo punto è difficile credere persino alle parole dell’allenatore quando, parlando della rimonta sulla Juve, dice così: «Ci sono miracoli simili che sono già accaduti, per questo dobbiamo crederci». E la testa corre alla Roma (sprecona) dell’84 oppure alla Lazio del 2000. Questa squadra, però, non compie più «miracoli», ma percorre sentieri studiati, pur con tutta l’aleatorietà dello sport. Il -8 dalla Juve è corroborato, infatti, anche da un altro dato, quello della differenza reti, che sancisce già l’aggancio a +45, con i bianconeri che vantano un attacco migliore, ma con i giallorossi che replicano con una delle migliori difese d’Europa.
Tenuta fisica Pensateci. Si diceva che la preparazione «light» di Garcia alla fine avrebbe portato a un calo, invece la squadra ha centrato un nuovo filotto di 5 vittorie consecutive. E se il magico girone d’andata (10 vittorie nelle prime 10 partite) prima del match col Cagliari aveva condotto la squadra a 32 punti, adesso – ad un girone di distanza – i punti sono 29, appena 3 di meno. Non a caso la quota 72 raggiunta in 31 partite è un record assoluto nella storia giallorossa. E la voglia di mettere l’acceleratore a tavoletta c’è tutto, contando su tre elementi: l’entusiasmo del non avere nulla da perdere, una forma più brillante rispetto ai bianconeri, impegnati anche in Europa e lo scontro diretto da giocare all’Olimpico.
Attacco & Coop Non solo. Neppure l’aver perso una talento come Strootman per infortunio ha frenato la marcia. Garcia infatti ha puntato sui solisti senza perdere il collettivo. Ovvero, se gli attaccanti adesso segnano con regolarità, ciò non toglie che sempre più spesso sul tabellino dei marcatori si iscrivano «new entry», tant’è che finora in questa stagione sono già 17 i giallorossi scopertisi realizzatori.
Da Pjanic ad Astori L’altra grande differenza è che – rispetto a quanto si percepiva nel pur straordinario decennio 2001-2011 – la nuova società dà una sensazione di solidità e di prospettiva totalmente nuova. Certo, la spregiudicatezza che ormai sembra parte integrante del calcio internazionale moderno (vedi ad esempio il caso Barcellona o la gestione complessa delle procure e dei flussi di denaro che l’accompagnano) può far immalinconire chi non vorrebbe mai zone d’ombra, ma la dirigenza romano-americana ha quelle idee chiare di chi deve fare i conti con ambizioni, tradizioni e budget non certo infiniti. Per questo la rotta del rinnovo di Pjanic – con maxi-clausola rescissoria utile eventualmente a fare mercato – sembra bene indirizzata, così come la semina sul mercato che verrà, alla luce del denaro della prossima Champions, che aiuterà a lenire un bilancio destinato a giugno (forse per l’ultima volta) a chiudere con un rosso significativo (circa 25 milioni). E allora, col Cagliari ormai all’orizzonte e la possibilità di ridurre il distacco a -5 attendendo che la Juve giochi lunedì, si torna a parlare di un giocatore già pronto per la rosa del futuro, Davide Astori, che radio mercato dà ormai vicino a Trigoria. Per questo (e tanto altro) la Roma del futuro sembra destinata a vivere nel migliore dei mondi possibili. E sarebbe sbagliato parlare di miracolo.