(A. Cerruti) – «Sarà la casa di tutti i romanisti. Questo stadio parla da solo, a vederlo mi viene la pelle d’oca». Mercoledì 26 marzo 2014, sala della Protomoteca del Campidoglio, a Roma naturalmente. Davanti al sindaco della città Ignazio Marino, all’architetto del progetto Dan Meis, al presidente giallorosso James Pallotta e all’allenatore Rudi Garcia, le frasi del capitano Francesco Totti sono le meno banali, come le sue invenzioni in campo.
Tutti, a cominciare da lui, sognano di vedere rispettate le promesse, secondo le quali tra due anni, nel campionato 20162017, la Roma potrà giocare nel suo nuovo stadio a Tor di Valle. E noi allora ci spingiamo ancora più in là, sognando che il nuovo stadio si chiami proprio Francesco Totti. Tranquillo capitano, non c’è bisogno di toccarsi, né di fare scongiuri, pensando che in Italia si intitolano strade, curve o più raramente stadi a chi non c’è più, spesso per tardivi sensi di colpa.
Tanto per incominciare, non è questo il caso di Totti perché nessuno è stato più amato di lui dalla sua città e dai suoi tifosi, perché è il romanista più grande di tutti i tempi, ma soprattutto perché sposato la maglia giallorossa per sempre, con una vera scelta di vita e non di portafoglio. Campione d’Italia nel 2001 e campione del mondo nel 2006, Totti ha rifiutato grandi offerte dal Milan e dal Real Madrid, che forse gli avrebbero consentito di vincere il Pallone d’oro, ma questo lo sanno tutti. Non tutti sanno, invece, che lo stadio Francesco Totti non sarebbe il primo dedicato a un campione che in quell’impianto può entrare con i parenti e gli amici. Il caso più clamoroso è legato a Santiago Bernabeu, il presidentissimo del Real Madrid che nel 1955 ha costruito lo stadio a lui intitolato, dove ha continuato a vedere la sua squadra fino al suo addio nel 1978.
Per rimanere in zona, il grandissimo Alfredo Di Stefano (classe 1926) ha inaugurato personalmente uno stadio nel centro sportivo dove si allenano ogni giorno Ronaldo e compagni. Mentre un suo vecchio compagno di squadra, l’ungherese Ferenc Puskas, nel 2002 ribattezzò con il suo nome il Nepstadion di Budapest, tempio della nazionale magiara, che continuò a frequentare fino alla sua morte nel 2006. Ci fermiamo con il caso più singolare: quello dello stadio di Graz, in Austria, intitolato nel 1997 all’attore Arnold Schwarzenegger, nato lì vicino, dove il 9 dicembre 1998 l’Inter di Ronaldo vinse 20 una gara di Champions. Nel 2005, però, il nome dello stadio fu cambiato in Upc Arena perché l’attore, nel frattempo diventato governatore della California, aveva negato la grazia a un condannato a morte.
Sappiamo benissimo che non bastano questi illustri precedenti per dribblare il business della Roma americana, che come la Juventus sogna l’arrivo di uno sponsor, cui santificare lo stadio in cambio di un bel pacco di milioni. Ma sappiamo anche che il 20 marzo 2009 l’allora amministratore delegato bianconero Blanc disse che la società Sportfive aveva 26 mesi di tempo per trovare uno sponsor cui intitolare lo stadio, come in Inghilterra e Germania. Cinque anni dopo, a Torino stanno ancora aspettando lo sponsor e allora converrebbe portarsi avanti a Roma. Con i lavori perché ne serviranno davvero tanti, come si è visto pochi giorni fa nel bel servizio su Sky di Angelo Mangiante. E poi anche con l’idea del nome per la nuova casa da «pelle d’oca». In fondo stadio «Francesco Totti» suona meglio che «Roma Stadium», ma se si vuole salvare il business non guasterebbe nemmeno al fianco di uno sponsor. Specialmente se in tribuna, o meglio ancora in campo, ci sarà lui, il più grande romano e romanista di tutti i tempi.