(M. Ferretti) Era il 29 ottobre del 1995, solee vento sul Sant’Elia, il Cagliari di Giovanni Trapattoni contro la Roma di Carlo Mazzone, l’ex più ex della partita. Vittoria dei giallorossi grazie a una doppietta di Daniel Fonseca, un altro dal passato in rossoblu. Da quella domenica di autunno di quasi 19 anni fa, la Roma non ha più vinto (sul campo) in Sardegna.
Mazzone, come è stato possibile?
«Il calcio è fatto anche di cose difficili da spiegare…».
Si dice: il terreno spesso brutto e l’ambiente ostile possono aver contribuito.
«Ma in quasi diciannove anni una giornata bella ci sarà pure stata… La verità è che il Cagliari, e lo so bene per averlo allenato, in casa si trasforma, è una squadra tosta. Quella attuale ha buoni valori, e la Roma dovrà fare grande attenzione. Vietato snobbare l’impegno ».
C’è un tabù da sfatare…
«Spero di cuore che Garcia riesca a mandarmi nel dimenticatoio insieme con quella partita del ’95».
Le piace il francese?
«Molto. È un allenatore davvero bravo, uno che ha proposto uno sviluppo tecnico di primissima qualità facendo giocare davvero bene la sua Roma attraverso le qualità dei singoli abbinate all’organizzazione collettiva».
C’è un giocatore in particolare che le piace più degli altri?
«No. Mi piace, lo ripeto, l’organizzazione di gioco. Tutti si mettono al servizio del compagno, nessuno viene abbandonato a se stesso: c’è grande collaborazione, insomma. E poi si vede che l’allenatore lavora tanto durante la settimana ».
Da cosa si vede?
«Dallo sviluppo della manovra, mai casuale ma sempre legato ad un filo logico da un punto di vista tecnico».
Nel giro di pochi mesi, per la Roma un salto in alto quasi impensabile.
«Se hai giocatori di qualità, tutto ti viene più facile. E la Roma ha tanta gente di grande qualità».
Tutto deciso nella parte altissima della classifica?
«Per me no. Ma non fatemi aggiungere altro…».
Vedere Totti, in campo quella domenica del ’95, ancora così in palla le fa effetto?
«No,mi fa…affetto».
E l’ascolano Destro?
«Non mi aspettavo che esplodesse così, ha una potenzialità tecnica enorme, vede, anzi sente la porta. Bravo. Io ho allenato il padre, Flavio, che era tutta un’altra cosa…».
Di Gervinho cosa pensa?
«Palla al piede, va dritto al sodo. Punta la porta, affonda: si preoccupa più di finalizzare il gioco che di crearlo. In quel gruppo ci sta proprio bene».
Lei continua a seguire la Roma?
«Tutte le domeniche sto lì, davanti alla tv, insieme con mia moglie a fare il tifo come due ragazzini… ».