(D. Galli) Il caso è clamoroso. È accaduto ieri, in quella che dovrebbe essere una costola della Roma. È successo al Ticket Office di viale delle Olimpiadi 61. Il papà, romanista di Bergamo, vuole portare con sé il bambino – ha 11 anni – allo stadio. È il battesimo dell’Olimpico. C’è un problema però, un problema che non dovrebbe essere tale: il bambino non ha un documento. Il papà lo ha dimenticato in albergo.
Non dovrebbe essere un problema perché il comunicato ufficiale della Roma parla chiaro. Chiarissimo. Dice: «L’accompagnatore adulto di minori di anni 14 può acquistare il tagliando dichiarando le generalità del minore o presentandone il codice fiscale, tessera sanitaria o altra tessera di “fidelizzazione” avente i requisiti stabiliti nelle specifiche determinazioni dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive». Rileggiamo. «L’accompagnatore adulto di minori di anni 14 può acquistare il tagliando dichiarando le generalità del minore o…». O. O vuol dire oppure. Vuol dire che il genitore può limitarsi a fornire la data di nascita del bambino. È una semplicissima forma di autocertificazione.
Tutto a posto, allora? Macché. Il Ticket Office si rifiuta di vendere il biglietto al papà. Interviene il nostro giornale. Quando al responsabile del punto vendita viene chiesto di chiamare la Roma per informarsi, la sua replica al “Romanista” – testuale – è questa: «Innanzitutto, io non dipendo dalla Roma. Io dipendo da Lis Ticket. La disposizione impone che tutti abbiano il documento».
Errore, ma il responsabile insiste: «Le mando via mail la comunicazione del Ministero dell’Interno, che dice che sotto ai 14 anni hanno bisogno quantomeno della tessera sanitaria. Ce l’ho salvata sul computer. Ho queste disposizioni e le devo far rispettare, si metta nei miei panni». Poi dà anche una cifra. Un numero inquietante: «Accade ogni domenica con cinquanta bambini». Cinquanta bambini ogni domenica. «Si metta nei miei panni». Meglio di no.