Non è per atteggiarmi a profeta – di cosa, poi? -, ma non ho avuto bisogno di arrivare all’obbrobrio giuridico-sportivo consumatosi ieri pomeriggio, per capire che ai danni della Roma si stava consumando una sorta di accerchiamento che rischiava di creare, come poi effettivamente ha creato, una penalizzazione “esemplare” che ha dato luogo anche alla creazione di un clamoroso precedente (ma vedrete che anche il precedente verrà utilizzato ad arte e in maniera arbitraria, quindi non imparziale).
Dall’immediato dopopartita di Sky, infatti, si sono colti alcuni aspetti mediatici della questione: nella domenica in cui Mattia Destro mette a segno una tripletta e si candida ancora più prepotentemente a entrare nelle liste mondiali del pretesco e doroteo Cesare Prandelli, per la signora Ilaria D’Amico e per il suo compagno di diretta, Massimo Mauro, la vera notizia è la manata ad Astori, ossessivamente riproposta dalla regia dell’emittente satellitare, molte più volte rispetto alle tre belle segnature di Destro.
È lì che si è cominciata a sentire puzza di bruciato ed è da quella schermaglia dialettica, da quei “Si riguardi…Le conviene…” mai ostentati nei confronti di Chiellini, Vidal e compagnia picchiante, che abbiamo cominciato a subodorare i pericoli dell’accerchiamento.
Dopo ore di riproposizione ossessiva dei fotogrammi incriminati, che in serata hanno fatto fremere di indignazione anche i ciuffi zazzaronici – o zazzaroniani? – la macchina del fango (e del tango, vista la propensione ballerina di alcuni opinionisti) è giunta alla meta: l’arbitro che ammette l’errore, la procura e il giudice che autorizzano la non autorizzata moviola in campo, la squalifica degna di Torquemada.
Conclusioni? Le stesse che avete tratto voi che leggete, più un ripassino del compianto George Orwell, quando diceva che nella società dove teoricamente tutti erano uguali, i maiali sarebbero comunque stati più uguali degli altri.