(M.Galdi/V.Piccioni) «Il pallone è nostro e ce lo riprenderemo. Lo toglieremo ai Genny carogna per ridarlo alle famiglie e ai bambini». Angelino Alfano, ministro dell’Interno, non ha dubbi. «Allo stadio sabato sera non c’è stata nessuna trattativa. C’era una questione patologica legata alla convinzione dei napoletani che ci fosse un morto e che fossero responsabili i tifosi viola. Hamsik è solo andato a spiegare cosa era successo».
Ministro, ma molti hanno detto che c’erano pochi poliziotti.
«Abbiamo schierato 1486 agenti. Un numero enorme per una partita di calcio. Penso che sia stato fatto tutto il possibile, anche all’esterno».
Ma è possibile che nel parcheggio riservato ai tifosi napoletani a Tor di Quinto non si fossero ipotizzate criticità?
«Che in un parcheggio ci sia stato uno scellerato che abbia sparato, è veramente fuori controllo. Certo quello che abbiamo visto poi all’interno anche è grave per sportivi come noi, si tratta di cose inconcepibili, come fischiare l’inno e su questo dobbiamo intervenire».
Ma la polemica politica intorno a quanto successo sabato è altissima.
«In queste ultime 48 ore ho visto, sulla pelle di una persona ferita gravemente, di una città provata e sulla pelle del calcio passeggiare troppi avvoltoi, sciacalli e sciacalletti. Il Governo invece pensa a cosa fare per evitare cose del genere».
Lei ha parlato di Daspo a vita, cosa significa?
«Un inasprimento in tre direzioni. Ci saranno provvedimenti collettivi. Non vogliamo colpire solo il capobranco, ma tutto il branco. Se responsabili di un reato da stadio sarà un gruppo di persone, si agirà su tutti contemporaneamente. Inoltre stiamo lavorando anche su Daspo preventivo e sulla recidiva. Nel senso, che chi è già colpito da provvedimento continua a delinquere, potrà essere allontanato fino a otto-dieci anni dagli stadi».
Provvedimenti immediati?
«Con il premier Renzi ci siamo dati come tempo l’estate. In questo periodo incontreremo le società e discuteremo con loro, poi porteremo i provvedimenti all’attenzione del Parlamento, e lì ci aspettiamo un’approvazione rapida».
Società. Proprio il loro rapporto con le tifoserie non è chiaro.
«Noi chiediamo alle società di metterci anima, cuore e organizzazione per separare le mele marce dal grande numero di tifosi veri. Come ha fatto capire il c.t. della Nazionale c’è il rischio che la Fifa o l’Uefa ci fermino come hanno fatto con gli inglesi. I club devono collaborare più fattivamente perché è un problema sportivo, d’immagine, ma anche economico. Da parte nostra ci metteremo tutta la nostra collaborazione, inflessibilità e severità».
Sicurezza però fa pensare anche alla militarizzazione di interi quartieri. Sabato un pezzo di Roma è stato blindato per ore senza che i cittadini potessero muoversi.
«Domani (oggi per chi legge, ndr) in Prefettura a Roma presenteremo il piano di sicurezza della città. Si parla anche delle partite e assicureremo sicurezza e vivibilità soprattutto in quelle zone vicine allo stadio che oggi sono invase delle tifoserie nelle ore della partita».
Recentemente lei ha illustrato le conclusioni della task force sul calcio. I fatti di sabato cosa hanno cambiato?
«Nulla. Il nostro programma era e rimane quello di garantire sicurezza e vivibilità. Gli stadi devono essere sicuri, ma anche accessibili alla tifoseria buona, alle famiglie. Questa è la grande sfida. Per questo abbiamo messo a punto programmi per la vendita dei biglietti, piani di sviluppo e formazione per gli steward, programmi di fidelizzazione, ma anche misure che ci consentano di tenere lontani delinquenti e tifosi dagli stadi. Delinquenti che si mascherano dietro la denominazione di tifosi, ma che tifosi non sono».
Lei è anche un uomo politico. Possibile che questo Stato che parla di educazione sportiva non sia capace di trovare soldi per lo sport a scuola e le società dilettantistiche?
«Su questo lavoriamo su due strade. La prima è quella di proteggere fiscalmente le società sportive dilettantistiche, ma la più importante è quella di favorire e coinvolgere i privati nell’impiantistica di base. I soldi pubblici non bastano, ma quello che abbiamo inserito nella legge di stabilità per gli impianti sportivi, può essere un veicolo di attrazione».
La Supercoppa si può giocare a Roma?
«La sede non la sceglie il Governo. Noi possiamo però garantire la sicurezza, l’ordine pubblico e soprattutto la vivibilità della città. Questo è l’impegno. Non possiamo permettere che anche a livello internazionale si possa speculare sulla possibilità che Roma ospiti grandi eventi».