(A. Catapano) Duecentosettanta giorni — nove mesi da ieri — per centinaia di pagine. Una corsa contro il tempo o, come suggerisce chi conosce tempi e modi dell’amministrazione capitolina, «un autentico percorso di guerra, perché nove mesi rischiano di essere stretti per un progetto di questa portata». In effetti straordinario, per la sua complessità e perché inedito per questa città. L’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo, che la prossima settimana convocherà la prima riunione della «task force» creata per valutare il progetto, lo conferma: «Ci è stato presentato un lavoro molto approfondito. Ora dovremo esaminarlo in modo serio e rigoroso».
Mani avanti Come prescrive l’articolo 1 (al comma 304) della legge 147 del 2013, quella che impropriamente si definisce nuova legge sugli stadi, entro 90 giorni il Comune dovrà certificare il «pubblico interesse della proposta». Ottenuto il primo ok, la Roma e il Gruppo Parsitalia presenteranno al Comune il progetto definitivo. Da quel momento, la Conferenza di servizi convocata dalla Regione — in cui saranno rappresentati tutti gli enti interessati dall’operazione, che potranno anche richiedere modifiche — avrà 180 giorni per valutare, approvare e dichiarare la «pubblica utilità, l’indifferibilità e l’urgenza dell’opera». Solo a quel punto, marzo del prossimo anno, potranno partire i lavori. Pur sfruttando le agevolazioni della nuova legge, è irrealistico immaginare tempi più snelli — la sola variante al piano regolatore scatenerà ampi confronti —, molto più facile prevedere una vera e propria corsa contro il tempo, appunto. Non è un caso che lo stesso Caudo, a proposito delle infrastrutture necessarie a rendere l’opera facilmente fruibile dalla collettività, abbia già messo le mani avanti: «Le infrastrutture che consentiranno l’accesso all’impianto dovranno esserci già all’inaugurazione — ha annunciato —, ma nulla vieta che integrazioni con la rete della metro possano arrivare successivamente all’apertura dello stadio».
Pericolo Ammesso che Ignazio Marino e la sua Giunta non vengano impallinati prima dal fuoco «amico» del Pd, che il «Big Bang di Roma» evocato ieri dal presidente dell’Assemblea capitolina Mirko Coratti, non esploda in faccia al chirurgo sindaco. Un’ipotesi non irrealistica, ma comunque (ancora) improbabile. I prossimi dieci giorni chiariranno il destino della giunta Marino, a cui è stata concessa un’ultima chance. Il Pd verificherà le capacità di tenuta del sindaco su bilancio, piano di rientro e rimpasto. Poi, deciderà cosa farne. La Roma deve augurarsi che resista, che la definizione di sé rilasciata al Corriere della Sera — «Io veloce come Renzi» — si traduca in un reale salto di qualità della sua gestione. Altrimenti, il rischio di cadere (e farsi male) diventerà probabile, aprendo a scenari inquietanti, anche per il futuro del nuovo stadio della Roma: la nomina di un commissario che potrà gestire solo l’ordinaria amministrazione. Con quali effetti sullo «straordinario » progetto di Tor di Valle?