(C. Zucchelli) Ci sono ricordi (e dolori) che non si vogliono condividere. E ce ne sono altri che, invece, se condivisi sembrano meno pesanti. Ieri Roma, la Roma e l’Italia (con una nota della Figc che lo ha definito «simbolo di un’epoca romantica»), hanno ricordato Agostino Di Bartolomei, scomparso 20 anni fa. Molti dei ragazzi della curva Sud presenti a Trigoria il 30 maggio del 1994 erano appena ragazzini, eppure erano sugli spalti del campo intitolato al capitano del secondo scudetto come se avesse giocato fino al giorno prima. Con loro, abbracciata ed omaggiata con un mazzo di fiori, c’era Marisa, la moglie. Non c’era Luca, il figlio, che ha scelto il silenzio, anche virtuale. Seduta accanto al d.g. Baldissoni e ad alcuni ex romanisti come Tessari e Sormani, indossava una giacca a fiori ed aveva il sorriso riconoscente di chi sapeva apprezzare il ricordo semplice, ma sentito, della Roma.
Appuntamento fisso Una partita degli Esordienti 2002 (misti, in campo anche una bambina) contro i 2001 del Cinecittà Bettini: 41 il risultato per i padroni di casa, festa e applausi per tutti, un sottofondo di cori continuo dei 300 spettatori presenti, la bandiera di Di Bartolomei e uno striscione: «Eternamente capitano, per sempre bandiera». La giornata dedicata ad Agostino, su proposta della Roma, non resterà un caso isolato: l’idea, come ha detto Baldissoni, è quella di «rendere questo appuntamento annuale, attraverso un piccolo torneo o una partita». Ogni 30 maggio, quindi, la Roma riporterà Di Bartolomei a casa. Proprio perché ci sono dolori, e ricordi, che se condivisi possono fare meno male.