(R.Beccantini) Lo strano caso del dottor Jekyll e della signora Juventus riassume il declino del campionato italiano. Nel 2012, la Nazionale di Prandelli si laureò vice campione d’Europa dietro a quella Spagna che ha appena piazzato tre squadre su quattro nelle finali: il derby Real-Atletico in Champions, il Siviglia in Europa League.
In compenso, non alziamo la Champions dal 2010 (Inter del triplete ) e l’Europa League dal 1999, quando ancora si chiamava Coppa Uefa (Parma). Non solo: era dal 1984 che non scendevamo così in basso nella speciale classifica che, Paese per Paese, distribuisce i posti nelle Coppe: quinti, scavalcati persino dal Portogallo. Non è stata colpa di Clattenburg, l’arbitro, come ha brontolato Conte. L’eliminazione a opera del Benfica, nelle semifinali di Europa League, a un passo dall’epilogo che avrà luogo proprio allo Juventus Stadium il 14 maggio, esula pure dai fatturati, di cui tanto si parla. Il Benfica è più “povero” della Juventus, l’Atletico è più “magro” del Chelsea di Abramovich. E allora? I soldi sono molto, non tutto. I bianconeri si avviano a vincere il terzo scudetto consecutivo. Marciano alla media, folle, di 2,65 punti a partita (nel dettaglio, 93 in 35). In Europa, al contrario, hanno camminato come lumache: 1,64 (23 in 14, tra Champions ed Europa League).
NELLE COPPE è diverso, non mi stancherò mai di ripeterlo. Non si tratta di ridurre i meriti domestici: si tratta, più terra terra, di consegnarli a una taratura meno partigiana. Prendete Tevez: da noi un flagello, in Coppa un fardello. Per questo non andrà ai Mondiali. Ho citato Tevez, potrei aggiungervi Vidal, Llorente. Lo stesso Conte deve raffinare la mentalità e lasciar perdere le moviole, merce ambigua e pericolosa: crea alibi. Il nostro campionato è “vec – chio” e infarcito di stranieri più degli altri, la velocità di crociera fa sorridere, se paragonata ai ritmi della Premier. I magnati russi e gli sceicchi arabi hanno sfigurato le mappe, così come le avevano disegnate Silvio Berlusconi e Massimo Moratti. Chelsea, Manchester City, Paris Saint-Germain sono realtà emergenti e, se pesate con le bilance d’antan, impensabili. Il fior fiore della “intel – ligenza” italica lavora o ha lavorato all’estero: Ancelotti, Capello, Lippi, Mancini, Ranieri, Spalletti, Trapattoni, Zaccheroni. Eravamo i maestri del calcio difensivo. Oggi, per guarnire il reparto, Prandelli è “costretto” a pescare addirittura tra gli oriundi (Paletta). Siamo tatticamente a metà del guado, non più italianisti e non ancora europeisti come la concorrenza imporrebbe. Forte del 2-1 di Lisbona, il Benfica ha inflitto alla Juventus uno 0-0 adeguato allo scorcio storico, ma non troppo lontano dal nostro catechismo degli anni Sessanta.
E POI I FUORICLASSE, certo. Quelli “veri” – i Cristiano Ronaldo, i Messi – non possiamo permetterceli. Viceversa, bastano un paio di gol perché, da noi, molti lo diventino. Nel dubbio, meglio contare fino a dieci prima di scaricare i Diego e i Tiago Motta di turno, come fecero alla Juventus post Calciopoli. Non sono marziani, ma ci saluteranno da Lisbona il 24 maggio, beati loro. Simeone, lui, passò da Catania e nessuno lo capì. Evra, terzino sinistro del Manchester United e della Francia, ha “studia – to” a Marsala e Monza. Tornando alla Juventus, ci sta di essere eliminati nei quarti di Champions dal Bayern, come capitò la stagione scorsa; in compenso, non esiste uscire da un girone che, Real a parte, comprendeva Galatasaray e Copenaghen. In campionato ha vinto tutte le partite casalinghe: 17 su 17. In Europa ha pareggiato con Galatasaray, Real, Fiorentina e Benfica; unici scalpi, Copenaghen, Trabzonspor, Lione. Non proprio squadroni. Pirlo compirà 35 anni il 19 maggio. Ha allungato il contratto fino al 2016. Potrebbe andarsene il 21enne Pogba: un segno dei tempi. Voce dal fondo: il 3-5-2 non è adatto. Sarà. Così agghindata, la Juventus sbaragliò il Chelsea. Di sicuro, con questa rosa, mancano alternative, mancano ali. Lichtsteiner e Asamoah fanno la differenza in patria, non oltre. Gli euro- rivali, per scarsi che siano, la temono di meno, la graffiano di più: penso, per esempio, al modesto Trabzonspor di scena a Torino. Gli episodi vanno e vengono, dall’autogol che azzoppò il Lione alla “pa – rata” di Luisao, giovedì. Servono almeno tre o quattro innesti, uno per settore. In Italia la Juventus è la locomotiva, in Europa è un vagone. Idee, please: e al diavolo i piagnistei.