(D.Gallerano) – Sette anni dopo il ritiro, il “Puma” Emerson, regista della Roma di Capello 2000-2004 e Campione d’Italia 2001, gestisce un centro per giovani calciatori a Pelotas, 250 chilometri da Porto Alegre. Amato e poi odiato nella capitale, Emerson ripercorre la storia dei suoi quattro anni in giallorosso e di quella famigerata estate di dieci anni fa in cui seguì Capello alla Juventus. E svela: «Sono in affari con la Roma…», rivela.
Di che affari si tratta?
«Un anno e mezzo fa, quando c’era ancora Baldini, poi lui è andato in Inghilterra».
E quindi l’idea è tramontata?
«No. Sono riuscito poi a parlare con Sabatini, che ha mostrato grande interesse. Il contratto è lì, pronto per essere firmato. È venuto anche un rappresentante della Roma per vedere il centro e gli è piaciuto. Manca solo la firma del presidente».
Di questa nuova Roma di Garcia, che ne pensa?
«Mi piace molto. Insieme alla Juve è la squadra più forte, ben più del Napoli».
I brasiliani della Roma.
«Taddei è il giocatore che tutti gli allenatori vorrebbero. Nulla da aggiungere. Maicon lo conosciamo. Con la Roma si è guadagnato la chance di fare il mondiale, che prima non aveva. Dodò ha tanta qualità ma deve ancora crescere; per i difensori in Italia è difficile. Toloi lo seguivo molto qui in Brasile. Piaceva a tutti, poi ha avuto un calo. Ti confesso che mi piace molto di più Castan».
Si aspetta che il Brasile vinca la coppa in casa?
«Abbiamo un problema serio: la gente si aspetta che Neymar vinca da solo. Dobbiamo fare attenzione».
Il passato: nell’estate del 2004 voleva così tanto il trasferimento alla Juve che presentò alla Roma un certificato di depressione clinica. Era veramente depresso?
«È vero che stavo male. Ero in Brasile ad aspettare, mi turbava il fatto di rovinare il bel rapporto che avevo con l’ambiente. Tieni conto che erano sei mesi che non ricevevo stipendio e c’erano altre cose che mi avevano promesso e non mi erano state date. E va bene, avevo accettato, conscio della situazione. Però poi arriva un’offerta importante e il presidente ti dice di no».
Ce l’aveva con Sensi?
«Franco Sensi è una persona che ha fatto molto per la Roma e per me. Ma nel 2003 il club stava passando un periodo difficile. Lui mi chiamò e mi disse che c’erano società che mi cercavano. Poi aggiunse: “Non posso venderti, non saprei come spiegarlo ai tifosi. Ma abbiamo bisogno di soldi…”. In quel periodo nemmeno i dipendenti ricevevano gli stipendi. Voglio dire, per noi giocatori è un conto, siamo ricchi. Ma nel club lavorano anche persone che guadagnano 1.000 euro al mese».
La cercavano anche Real e Inter. Perché proprio la Juve di Moggi?
«Per me era identico. Juve, Inter o Real, uguale. Fossi andato altrove la gente non avrebbe capito comunque: è successo lo stesso a Samuel e Cafu. E in ogni caso non avevo mica scelto la Lazio».
L’accusarono di tradimento.
«Non tradii. Per quattro anni ho fatto il mio lavoro e l’ho fatto bene. Il traditore è chi guadagna bene, non fa nulla per la squadra e poi se ne va».
Due momenti all’Olimpico. Il giorno della presentazione della squadra dello scudetto e lei, infortunato, che piangeva commosso in tribuna. E poi il suo ritorno con la maglia della Juve, nel 2005, con la bordata di fischi all’annuncio del Suo nome.
«Il primo uno dei giorni più belli della mia vita. Il ritorno a Roma, invece, fu brutto, ma i fischi non li sentii, perché gli spogliatoi sono molto lontani dal campo. Poi li ho sentiti durante la partita. E ti confesso che mi caricarono. Tanto che giocai molto bene. Sopporto molto bene la pressione. Per questo a Roma andai tanto bene, ci sono sempre 40.000 tifosi. Al Delle Alpi ce ne erano 5.000 anche quando ci giocavamo lo scudetto».
Con quali compagni della Roma dello scudetto si sente ancora?
«Ai tempi ero molto amico di Batistuta, Delvecchio e naturalmente Zebina, con cui sono stato anche alla Juve. Poi tutti i brasiliani, eravamo sempre insieme. Di loro sento ancora Aldair. Poi c’era Cassano, ragazzo un po’ matto che ho tentato di aiutare e a cui ho voluto molto bene».
Totti?
«Sempre avuto un rapporto normale. Negli anni si parlò di screzi tra noi. Falsità».