(D. Galli) Il fatto non è passato inosservato. Anzi, sarebbe meglio dire che è passato inascoltato. La Sud è rimasta in silenzio. Niente cori, oppure sì ma sporadici. È sembrato a tutti uno sciopero del tifo in piena regola. La cosa non è piaciuta affatto al presidente Pallotta, che tramite il sito Internet della società ha commentato: «Vogliamo ringraziare i tifosi che sono stati al nostro fianco oggi (ieri, ndr). Ci dispiace, invece, che altri abbiano deciso di non supportare la squadra. Ci saremmo attesi che nel corso di questa grande stagione tutti i tifosi volessero onorare gli sforzi e i traguardi dei nostri giocatori e della società. I tifosi dovrebbero sostenere la squadra piuttosto che altri interessi. Ci auguriamo di continuare a costruire una grande Roma e invitiamo tutti ad unirsi a noi».
La ricostruzione è complicata. Sembra che lo sciopero della Sud sia dipeso da una serie di fattori e di uno in particolare: al prefiltraggio non sarebbero state fatte entrare le aste delle bandiere che normalmente sventolano nel cuore del tifo romanista. Cuore che stavolta ha battuto in maniera strana, diviso tra la voglia di cantare qualche solito coro contro Napoli e quella di reprimerlo. C’è chi racconta di momenti di tensione. Alla Roma però queste dinamiche non interessano, né in società hanno alcuna intenzione di approfondirle. Semplicemente, il presidente c’è rimasto male. Non si aspettava un tale mutismo.
È probabile che Pallotta abbia sintetizzato in questa breve nota un sentimento, un’opinione che si è fatto nel corso di una stagione contraddistinta, sul fronte tifo, dalla chiusura delle curve per quella famigerata norma che punisce la discriminazione territoriale con la squalifica di interi settori. In più, il numero uno della cordata americana che controlla la Roma non può avere gradito le notizie, che gli sono state costantemente riferite, del post Coppa Italia, degli incidenti di Tor di Quinto, degli spari, del giallo, di eventi che esulano dal calcio e che, forse, ieri hanno contribuito ad appesantire l’atmosfera, rovinando in parte la festa finale, sporcando la gioia per il saluto a una grande squadra.