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REPUBBLICA.IT Dalla Roma al Cagliari, la serie A torna a far gola: ma in Italia vince la ‘spending review’

Pallotta
Pallotta

(M.Pinci) – La prima volta il sistema sembrava quasi sentirsi invaso. La seconda era pronto ad accogliere l’invasore. Ora il calcio italiano deve fare i conti con una vera e propria tendenza: l’Italia torna a far gola agli investitori stranieri. Nel 2011 furono gli americani ad aprire il fronte, issando Stars&Stripes sulla Roma. Un anno fa l’Inter aprì all’indonesiano Thohir. Oggi il Cagliari diventa statunitense – e le analogie con la Roma non finiscono qui – grazie all’ingresso nel club di un gruppo Usa rappresentato dall’architetto Dan Meis (lo stesso che progetta lo stadio dei giallorossi). Ora il fronte potrebbe essere aperto anche ad altri (al Milan ci pensano). Ma per tutti, il motto sembra lo slogan di una pubblicità degli anni novanta: niente sogni, ma solide realtà.

DAI “RICCHI SCEMI” ALLA PROGRAMMAZIONE – Perché le proprietà straniere sbarcate in Italia non somigliano all’idea del “ricco scemo” che siamo abituati a vedere agire in Europa. Nell’ultimo triennio i tre club più spendaccioni nel calciomercato continentale  sono stati Psg, Chelsea, Monaco e Manchester City, tutti in mano a ricchissimi proprietari non locali: due arabi, due russi. I qatarioti del club parigino hanno speso 353 milioni, 212 Abramovic, il magnate russo Rybolovlev proprietario club del principato è a quota 191, mentre 188 ne ha sborsati Mansour per il City. Le prime italiane in classifica sono la Juve nona (118 milioni spesi) e il Napoli 13esimo (75 mln), club con proprietà italianissime. Già, perché gli stranieri in Italia seguono una strada alternativa, dettata dalla Roma di Pallotta e seguita dall’Inter di Thohir: valorizzazione del brand grazie a partnership commerciali, riduzione dei costi di gestione e trading di calciatori per garantirsi ricavi utili a finanziare la crescita del club. Insomma, niente follie ma sano realismo e programmazione efficace.

RESTYLING, MERCATO E IL FILO CONDUTTORE DELLO STADIO – Il mercato dei giallorossi durante la gestione americana parla di un passivo di 45 milioni soltanto, ma risultati sportivi in crescita, grazie alla valorizzazione di giovani (Marquinhos, Lamela) venduti a cifre sensibilmente più alte di quelle spese per comprarli. Pallotta ha versato 100 milioni di ricapitalizzazione per risanare un club al limite del collasso e favorito l’ingresso di sponsor come Nike e Wolkswagen, adottando scelte che migliorino la visibilità, vedi il restyling del marchio. E l’idea di uno stadio di proprietà con cui poter fare il salto di qualità. Thohir segue la stessa idea: ha abbattuto i costi non strategici – leggi gli addii a Samuel, Milito, Cambiasso – e imporrà la rivisitazione del logo (avverrà a settembre, dovrebbe essere semplificato l’acronimo intrecciato e sparire la stella) cercando accordi internazionali con brand che possano fornire fonti di guadagno alternative. E anche lui pensa allo stadio: argomento all’origine dell’acquisizione americana del Cagliari, che comprende infatti l’area vicino all’aeroporto, su cui far sorgere il nuovo impianto. Un filo conduttore, questo, che lega tutte le proprietà straniere in Italia. La Roma stima che lo stadio possa almeno raddoppiare i ricavi: la chiave, forse, per iniziare a sognare.

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