(F.Bianchi) – La stagione calcistica si sta chiudendo nel peggiore dei modi: San Paolo chiuso (ma speriamo ci siano i bambini) per gli incidenti di Coppa Italia, tifosi della Roma minacciati dagli ultrà della Roma, i cori razzisti e banane (Bergamo), curve chiuse (Inter) e “internazionale” della violenza. Peggio, quest’anno, non poteva andare. Ora bisogna pensare alla prossima di stagione. La Task Force del Viminale, poco più di un mese fa, aveva dato ai club un assist: le società, volendo, adesso potrebbero venire davvero incontro ai tifosi perbene, biglietti più facili e anche last minute, tessera del tifoso che finalmente diventa fidelity card e perde quelle componenti che, giustamente, erano state rifiutate dai tifosi. Ma ora bisogna pensare anche a chi va negli stadi (e dintorni, come si è visto) solo per creare disordini, offendere, minacciare. Quelle persone vanno emarginate. Come fanno all’estero. Come? Lo Stato deve fare la sua parte. I club la loro.
L’Osservatorio del Viminale sta studiando nuove misure, per mettere all’angolo i violenti. Ecco quindi il Daspo preventivo e di gruppo. Ecco che, in caso di recidiva, il Daspo viene portato sino a otto anni (adesso è cinque) ma non a vita come propone Alfano. Inoltre prevista maggiore attenzione ai prefiltraggi, che toccano alle forze dell’ordine: adesso entra ancora di tutto negli stadi. Poi più stewards nei punti caldi (ma questi ragazzi vanno difesi, molto spesso rischiano le botte). Poi sistemi audiometrici per scoprire chi fa cori razzisti o di discriminazione territoriale. Altre cose potrebbero essere decise dopo le elezioni del 25 maggio: Matteo Renzi, ad esempio, propone che i club paghino una parte delle spese per la sicurezza. Possibile soprattutto quando i club saranno proprietari degli stadi.
Ma anche il mondo dello sport adesso non ha più alibi, deve fare la sua parte. Come? La Figc dovrà prevedere norme migliori di quelle attuali nei casi di discriminazione territoriale (cori contro Napoli, per capirci): è vero che verranno di nuovo previste le attenuanti, ora cancellate, ma in caso di recidiva le curve saranno ugualmente chiuse. Non si sfugge. Lo capiranno gli urlatori? O continueranno in questo “giochino” che ormai ha stufato? Se non lo capiranno, vedranno le partite in tv. Nelle curve comunque c’è spaccatura: tanta gente, che fa sacrifici per andare allo stadio, si è stancata di un comportamento che provoca solo guai. E i club (vedi la Roma made in Usa) ne hanno un danno di immagine ed economico. Quindi, leggi migliori, e di più facile applicazione perché il giudice sportivo, Gianpaolo Tosel, quest’anno ha avuto non pochi problemi.
Ma il mondo dello sport può fare altro, se vuole. Nulla vieta infatti ai club di mettere al bando, a vita, i tifosi che creano problemi, che commettono atti violenti. Lo ha fatto il Villareal con il lanciatore di banana. Lo possono fare le nostre società: non è necessario avere lo stadio di proprietà. Basta prevederlo nel regolamento d’uso, che uno sottoscrive al momento dell’abbonamento (o dell’acquisto dei biglietto). Quindi, Malagò e Abete, invece di litigare fra loro, potrebbero aiutare i club ad eliminare un po’ di gentaglia dagli stadi. E la Lega di A ha promesso di costituirsi parte civile, chiedendo i danni a chi viene identificato dopo aver commesso atti di violenza.
Perché non l’ha ancora fatto? La Lega di Milano aveva organizzato nel migliore dei modi la finale di Coppa Italia, un lavoro di mesi del dg Marco Brunelli e del suo collaudato staff: tutto è stato rovinato dal comportamento di alcuni tifosi. Una volta rinviati a giudizio (se lo saranno) perché la Lega non chiede loro qualche soldino, anche simbolico? A proposito: Genny’a carogna è stato daspato (anche per la maglietta “Speziale libero”) e indagato per invasione di campo: ma quando sarà il momento, spiegherà che lui ha scavalcato le barriere perché così gli chiesto di fare i funzionari della Digos di Roma. E allora? C’è qualcosa che non ha funzionato, vero Alfano? Inutile stare a litigare se è stata trattativa, o chiacchierata, o resa. Importante sarebbe capire cosa è davvero successo quel sabato notte. Troppe ombre e troppa disorganizzazione. Genny avrà delle colpe, ma non credo sia l’unico.