(F. Savelli) Il mal di testa arriverà (forse) a giugno prossimo, quando un’altra stagione sarà terminata e gli occhi dei tifosi saranno puntati sulla nuova. Dovremo dotarci della tessera Mediaset Premium ben inserita nel decoder del digitale terrestre il martedì e il mercoledì perché la nostra squadra è in Champions League e non vorremo perderci il confronto con i Galacticos. Il pacchetto pay per view Sky, ci servirà invece anche sul digitale il sabato e la domenica, qualche volta anche il lunedì se c’è la coda lunga del posticipo. Le interviste a caldo dei protagonisti? Zapping con il telecomando sui canali di Fox Sports con un occhio alle reti del Biscione che trasmettono il Napoli, ma non le altre quattro grandi Milan, Inter, Juventus e Roma. L’internet tv? Sconosciuta, anche agli over the top (leggi la Apple Tv ), vedere la nostra squadra in streaming (pagando, non collegandoci ai siti pirata) rischierà di essere una chimera: nessuno ha presentato un’offerta confacente alla base d’asta. Benvenuti nel ginepraio lungo un quadriennio (2015- 2018) dei diritti televisivi del campionato di serie A. Quello una volta definito il più bello del mondo, dall’anno prossimo quello additato di essere il più confuso che la storia ricordi per chi ama vedere le partite appollaiato sul divano. Colpa dell’asta sui diritti bandita dalla Lega Calcio in rappresentanza delle 20 società di serie A.
Venerdì sono state aperte le buste con le offerte degli operatori e a ben vedere potrebbero festeggiare (sempre che il bando non venga azzerato) soltanto le società calcistiche che vedranno inondarsi di quattrini (insperati) vista la qualità tecnica del campionato. Sky Italia ha presentato le offerte economicamente più vantaggiose per i due lotti principali (A e B) che riguardano le partite di otto squadre nelle quali sono comprese quattro tra le prime (l’esclusa è forse il Napoli, ma il segreto è d’ufficio) per la piattaforma satellitare e — a sorpresa — per il digitale terrestre per 770 milioni di euro (355, cinque più del Biscione, più 420 ).
Il lotto D, quello relativo alle restanti dodici squadre, l’ha strappato Mediaset (306 milioni di euro), l’unica a formulare un importo superiore al minimo d’asta subordinando l’assegno all’aggiudicazione di uno dei due lotti principali. Qui Sky si appella al capitolato di gara secondo il quale «ogni busta deve contenere una singola e autonoma offerta per il pacchetto che s’intende acquisire », non legandola quindi a nessun altro lotto. Di contro da Cologno Monzese ribattono che non era fatto divieto di presentare offerte subordinate (qui materia per gli avvocati, gli unici forse a giovarsi davvero dell’impasse). A complicare il quadro la posizione di Fox Sports, un altro degli operatori che ha partecipato all’asta, formalmente una srl autonoma, controllata però dallo stesso azionista di Sky Italia, 21st Century Fox, gruppo News Corp.
Il rischio è una posizione dominante di Sky, anche se l’attuale scenario non lede la legge Melandri che vieta che ci sia un unico operatore ad avere i diritti su tutte le piattaforme (per il canale Internet infatti non si è fatto avanti nessuno). La sensazione è che ora tutti attendano le mosse della Lega, che entro il 26 giugno dovrà convocare l’assemblea con tutti i rappresentanti delle società per decidere il da farsi. Ma prima sarà necessario fare un passaggio all’Antitrust per capire i margini (giuridici) di manovra. Certo l’assegno complessivo per le nostre squadre sarebbe di oltre un miliardo di euro. Con buona pace del tifoso smarrito.