(A.Pasini) – Alla Roma lo amano tutti. A prescindere. Anche quando sbaglia gol già cotti e mangiati. Quest’anno in giallorosso ne ha fatti 12, almeno altrettanti li ha abbandonati tra i fili d’erba. Imprevedibile e prevedibile, praticamente un folle. Un altro all’Olimpico lo avrebbero demolito.Lui no, perché è unico e antico: Gervinho non crea superiorità, ma dribbla; non attacca lo spazio, ma si smarca; non «non inquadra la porta», ma la spara nel Tevere; non si perde fra densità e tempi di gioco, ma corre felice a perdifiato come in una canzone di Baglioni. A volte galoppa a vanvera, d’accordo, ma entusiasma sempre e apre pure varchi per gli altri. Nel bene e nel male, è la sorpresa inattesa dentro una vita piatta, cosa vuoi che sia se poi sotto porta non è sempre di ghiaccio? È umano, e questo piace. Questo, oltre al fatto che, arrivato in Italia dall’Arsenal tra i sospetti, grazie al lavoro del suo mentore Garcia è andato oltre ogni aspettativa. Come dire che, se contasse solo il saldo tra attese e risultati, Gervinho è megl’e Pelé.
A proposito di Pelé, Gervinho sta eccitando pure i brasiliani, conquistati dallo straordinario gol dell’1-2 alla Colombia (tiro dinamitardo sul primo palo dopo essersi bevuto tre Cafeteros in dribbling da sinistra). «Bello ma inutile, perché abbiamo perso», ha minimizzato il romanista. Qui è bastato per paragonarlo a Neymar. Capirai. I suoi modelli però sono più altolocati: «Da bambino mi ispiravo a Thierry Henry e Ronaldo. E, guardando vecchi filmati di Eusebio, mi sono accorto che oltre a segnare dribblava molto. Come me».
La perla alla Colombia è stato il suo secondo gol in questa Coppa. Con il primo, di testa, aveva steso il Giappone di Zaccheroni. In una Costa d’Avorio piena di superbi talenti, il c.t. Sabri Lamouchi — che da calciatore passò anche per Parma e Inter — osa mettere Drogba in panchina, ma non Gervinho. E così, guidata da questo leader inatteso, la Costa d’Avorio tenterà oggi un’impresa storica: centrare per la prima volta la qualificazione agli ottavi. Nel 2006 e nel 2010 la mancò perché congelata dentro gironi cattivi (Argentina-Nigeria-Serbia e Brasile-Portogallo). Stavolta sarebbe una vergogna non ottenerla. Battere la Grecia (che è comunque ancora in corsa) è quasi un dovere, ma la Federazione — e chissà se in patria saranno contenti — ha comunque promesso agli Elefanti un bonus di 50 mila dollari a proboscide per la qualificazione. Poi negli ottavi, dove c’è una lontanissima eventualità di incrociare l’Italia, si vedrà. Gervinho, nel caso, si dice pronto: «Spero di fare altri gol, ma l’obiettivo è portare la Costa d’Avorio il più lontano possibile». Più lontano, magari, di quanto gli riuscì nel 2012: finale di Coppa d’Africa a Libreville in Gabon; rigori a oltranza; al nono penalty tira lui, sbagliato, trofeo allo Zambia. Imprevedibile, prevedibile, puro Gervinho.