(A.Bocci) – Fine di tutto. La partita con l’Uruguay ha cancellato il presente e il futuro del calcio italiano. Cesare Prandelli ha appena rassegnato le dimissioni irrevocabili quando anche Giancarlo Abete, seduto allo stesso tavolo, annuncia il suo disimpegno. «Così rispondo ai gufi che infestano il calcio italiano». Scelta tempestiva quella del presidente federale che anticipa le mosse di Giovanni Malagò. Quattro anni fa, dopo il Sudafrica, Abete era stato fortemente criticato, ma sempre difeso da Gianni Petrucci, allora numero uno dello sport italiano. Con Malagò i rapporti sono diversi e probabilmente il Coni avrebbe favorito un ribaltone federale. Abete lo anticipa. «Per motivi personali, professionali e anche di politica sportiva». Il calcio adesso è senza una guida: perché oltre ad Abete è fuori anche Demetrio Albertini, capo delegazione qui in Brasile, che le dimissioni le aveva date prima di volare a Rio. «Appena tornerò a Roma convocherò un consiglio federale per affrontare la situazione», spiega Abete. Le sue dimissioni sono irrevocabili come quelle di Prandelli. «Ma spero che Cesare ci ripensi, il suo progetto è valido e per questo motivo lo avevamo convinto a prolungare il rapporto. Il secondo posto all’Europeo e il terzo alla Confederations non possono essere sottovalutati».
Il consiglio arriverà tra venerdì e lunedì. Carlo Tavecchio, vicepresidente vicario, prenderà le redini di via Allegri sino all’assemblea dell’11 agosto che, per forza di cose, diventerà elettiva. Malagò e il Coni seguiranno con attenzione la vicenda, pronti a commissariare la Federcalcio (Pancalli?) se quel giorno non uscirà un vincitore. È difficile oggi immaginare cosa potrebbe succedere. Ma i candidati potrebbero essere due: lo stesso Tavecchio, che ha sempre appoggiato Abete, ma non ha mai nascosto di volerne ereditare il ruolo e lo stesso Demetrio Albertini che, di fronte all’immobilismo federale, aveva deciso di andarsene.
Attenzione anche ad Abodi, presidente della Lega di B, e a Francesco Ghirelli, d.g. della Lega Pro. Di sicuro saranno giorni e mesi intensi. I colpi di scena vanno messi in preventivo. E la crisi istituzionale allungherà i tempi per la scelta del nuovo allenatore. Prandelli non è intenzionato a cambiare idea. Il suo erede sarà scelto dal nuovo presidente federale, approfittando del fatto che da questa stagione non c’è più la partita di metà agosto. L’esordio del nuovo corso sarà il 9 settembre a Oslo contro la Norvegia, prima gara di qualificazione a Euro 2016. I candidati alla panchina azzurra, al momento, sono quattro. Massimiliano Allegri è il primo, il più stimolato e il più convinto. Il suo contratto con il Milan è scaduto e pur di sedersi sulla panchina azzurra, un progetto che lo intriga, Max sarebbe pronto a uno stipendio non esagerato, in linea con quello di Prandelli (intorno al milione e mezzo di euro netti stagione). Ma anche Roberto Mancini è una possibilità concreta. Mancio, dopo aver divorziato dal Galatasaray, è libero e non ha mai nascosto di puntare a una nazionale.
Dopo i rovesci dell’Inghilterra sembrava che potesse prendere il posto di Hodgson, ma l’ex interista resterà sulla panchina inglese. Così Mancini è libero per l’Italia. Guadagna tanto, però. La terza ipotesi è Luciano Spalletti, ma rispetto agli altri è ancora sotto contratto con lo Zenit San Pietroburgo sino al 2015 e guadagna 5,5 milioni di euro. Lo stipendio è uno scoglio perché i russi non intendono concedere al tecnico italiano una buonuscita. E Spalletti, sinora, non sembra intenzionato a rinunciare ai soldi russi. Ultimo nome quello di Alberto Zaccheroni, che lascerà la guida tecnica del Giappone. Vedremo. C’è tempo. Prima bisogna trovare un presidente federale. Il pentolone di Natal ha azzerato il calcio italiano. Non c’è più presente e neppure futuro.