Inno, sudore e responsabilizzazioni: comincia così a Natal, con l’umidità che non sai se e quanto appannerà le facce, vecchie e nuove, di quelli con la maglia più scura. L’azzurro tenebra visto contro il Costarica opposto al celeste virtuale della Celeste di bianco vestita: spigoli ovunque, gli uruguagi non fanno sconti, a cominciare dai gomiti di Suarez, a sua volta toccato duro da Barzagli. Troppi falli contro chi di provocazioni è storicamente maestro. Chiellini vittima di una gomitata di Gonzalez: il mondo alla rovescia. Pirlo si perde in qualche piroetta di troppo, contro quei due non ce lo si può permettere; del resto la retroguardia capitanata da Godìn appare macchinosa e vittima di incertezze, ove sollecitata a dovere. La maledetta di Pirlo su punizione all’undicesimo: Muslera incerto, palla in angolo dopo smanacciata oltre la traversa. Verratti moto perpetuo, pressing e ricerca della verticalizzazione per Immobile, appena si può. Non si può moltissimo, in verità, dunque è fondamentale il carpe diem.
Balotelli, ginocchio capriccioso all’inizio, ha licenza di svariare da destra a sinistra, Immobile di andar dentro appena c’è il corridoio. Più equilibrata e di conseguenza più lucida, rispetto alla Corea/Costarica della volta scorsa, l’Italia che cerca gli ottavi.
Si cerca di andare a prendere Suarez all’altezza della trequarti e si guarda a vista Cavani; ci si tocca duro spesso e Balotelli cade nella provocazione su Pereira: entrataccia in volo, giallo e addio ottavi comunque vada, per lui. Cerca la porta con polveri annebbiate dal nervosismo, spunto di riflessione per l’eventuale prosieguo. Verratti ricama alzando il ritmo, contrasta, ribalta l’azione: come volevasi dimostrare. Mezz’ora di gioco e più Italia: palleggio di qualità pur in mezzo alla giungla dei tackle. Balotelli cercato ad arte dai sudamericani.
Balo a terra, uruguagi che fanno i vaghi, Buffon perfetto contro Suarez, anche questo si sapeva da almeno settant’anni: sono già cattivi e quando il tempo stringe si incattiviscono. L’Uruguay è poco, basta non renderlo pericoloso perdendo palla dove possono incendiarla quei due, sempre loro, indipendentemente da quanto li si veda o meno. Ritmi bassi, meglio l’Italia in costruzione, Tabarez-Teo Teocoli è una maschera di rughe, Prandelli guarda a vista Balotelli, quasi più per le reazioni che per i movimenti.
Darmian zoppica, alla fine del primo tempo, mentre Verratti continua a fare il torero agile. Balotelli non controlla, l’ombra di se stesso e del cartellino si allunga sul prato di Natal. L’Uruguay urla ogni volta che qualcuno dei suoi rischia di spezzar si un’unghia, il primo tempo muore un poco alla volta, Chiellini continua a prendere botte, accettabili o meno. Secondo tempo per Parolo, ciao Balotelli. Si ricomincia dalle botte: giallo per Rios su Verratti. Caceres picchia al punto tale da far male anche a se stesso; l’Italia si conferma più manovriera, occhio da cerbiatto per Balo panchinato dalla necessità; più il tempo passa, più la clessidra ci è amica; freddezza, la dote capitale per l’ultima mezz’ora, senza Marchisio – rosso pallidissimo, Rodriguez sembra il Moreno magro – e con la prestazione che scade, che si perde tra le tossine e la tensione. Fiato sospeso e…Cassano? Cassano, esce Immobile. Col finto nove in dieci uomini? Gira, lancetta, gira, appresso al santo meccanismo del tener palla. Motta per Verratti acciaccato, diventa trincea sperando che non sia Caporetto, Suarez comincia a fare il Chiellini con Chiellini, arbitraggio sempre più coreano.
La capocciata di Godìn a nove dal termine: questo è un morso regolare, a differenza di quello di prima. Il capitano della Celeste si conosce, però, come potenziale aereo sui calci d’angolo, la marcatura è quantomeno difettosa.
Espulsione nello staff tecnico di Prandelli, punizione di Pirlo sul fondo. Cassano unica non-punta, Parolo il più avanzato in più di un’occasione. Sta finendo il mondiale dell’Italia; anzi di più: è finito. Uruguay scarso, alla fine, ma che è bastato a se stesso e a scavalcare un ostacolo qualitativamente migliore di esso. Con un arbitro incapace persino di tracciare linee con la bomboletta, ma che non è né l’unico né il primo responsabile della disfatta. Vari “fantasmi”, a cominciare da quelli di Totti e Toni, aleggiano sul cielo di Natal. Secondo mondiale consecutivo che finisce col girone iniziale. Si aspettano decisioni, anche drastiche, quindi poco italiane.
Paolo Marcacci