(A. Catapano/D. Stoppini) «Un mistero». Non trova altre parole Gaetano Papalia. Dal 22 maggio la sua Sais — la società che un anno fa ha venduto per 42 milioni di euro l’area di Tor di Valle all’Eurnova di Luca Parnasi — è fallita e il destino dell’area di Tor di Valle affidato ad un curatore fallimentare, che ora dovrà decidere se il contratto tra Papalia e Parnasi tutela sufficientemente i creditori della Sais.
Tutti i requisiti Un paio di settimane fa, il giudice Umberto Gentili ha dichiarato l’«inammissibilità» della richiesta di concordato preventivo e decretato il «fallimento» della società, mettendo a rischio la validità del contratto di vendita di Tor di Valle e, conseguentemente, la titolarità di Parnasi dell’area dove sorgerà il nuovo stadio della Roma, su cui ora dovrà pronunciarsi il curatore Maurizio Battista. «Eppure — denuncia Papalia — avevamo fatto le cose perbene. Le trattative con Parnasi sono cominciate nel 2010 (quando il costruttore romano pensava di sfruttare quell’area per una piccola Venezia con tanto di ponti e canali, ndr ) e il contratto con Eurnova, ulteriormente migliorato nel corso di questi mesi, era in grado di tutelare i creditori e soddisfare chi ha presentato istanza di fallimento, a cominciare da Equitalia. Insomma, avevamo tutti i requisiti, per questo a me più che un fallimento sembra un esproprio. Troppe cose non tornano».
Eppure… Vediamole. La versione finale del contratto, cui si è giunti attraverso tre addenda (aggiunte al testo), avrebbe dovuto convincere il giudice perché «liberava» subito 17 dei 21 milioni che spettano a Papalia come prima tranche di pagamento e che servono a coprire la quasi totalità dei creditori (mentre la seconda parte resta ancorata alla firma della convenzione urbanistica con il Comune, che non avverrà prima di aprile o maggio 2015). Doveva essere la carta vincente, ma non è bastata. Il giudice Umberto Gentili ha rilevato nella richiesta di concordato preventivo un «vizio di asseverazione». In pratica, nella relazione tecnica presentata a ottobre i due asseveratori (garanti) certificavano la correttezza dell’operazione, ma al tempo stesso esprimevano perplessità sulla reale solvibilità di Eurnova. Una contraddizione che ha influito sul giudizio finale. «Ma che sarebbe bastato chiarire allora — fa notare Papalia —, perché non è stato fatto? Mistero». Non è chiaro nemmeno perché la Procura di Roma stia indagando sulla possibilità che in realtà tutta questa operazione sia solo una «vendita simulata» di Papalia. Che abbia influito anche questo? Non solo. Nemmeno le garanzie presentate da Parnasi — una fideiussione assicurativa da 4 milioni, una personale da 3 e la dotazione a Eurnova di un capitale sociale di 10 — hanno convinto il collegio giudicante. Non sarebbe stata più convincente una fideiussione bancaria?
Appuntamenti Oggi Luca Parnasi, assistito dall’avvocato Di Gravio e rappresentato dall’ingegner Ricci, ha il primo appuntamento con il curatore fallimentare. Non è escluso che gli proponga di rilevare il fallimento di Sais, ovviamente ad una cifra inferiore ai 42 milioni pattuiti con Papalia, che garantirebbe i creditori ma lascerebbe a bocca asciutta l’imprenditore reatino. «Tra pochi giorni presenteremo ricorso», annuncia Papalia, che a questo punto vuole vederci chiaro. Come il Comune, che oggi nel corso della prima riunione della task force allestita per l’analisi del progetto presentato dalla Roma, chiederà chiarimenti all’Avvocatura dello Stato sul fallimento della Sais, di cui ha appreso dai giornali.