(R. Palombo) – Nello stesso giorno in cui Carlo Tavecchio lancia la crociata anti commissari tecnici della Nazionale costosi, principio che sta facendo proseliti presso le varie componenti il Consiglio federale, Sky e Mediaset si dividono i diritti del campionato più brutto del mondo per il triennio 2015-18 alla modica cifra di 943 milioni a stagione, 114 in più del contratto che scadrà l’anno prossimo. Dov’è l’errore? Semplice, non c’è. Sono i paradossi del nostro calcio, tanto amato quanto scaduto ai livelli tecnicamente più bassi che si possano ricordare a memoria d’uomo. Un calcio tuttavia ricco, e a ricordarcelo sono quei 943 milioni che diventeranno qualcosa di molto vicino all’1,2 miliardi l’anno non appena si chiuderanno i contratti per i diritti esteri, gli highlight e la coppa Italia. Depurato il tutto di quel 10% che secondo il dettato della legge Melandri è destinato alla mutualità, vorranno dire circa 1100 milioni l’anno o appena qualcosa meno da dividere tra tutti i club della Serie A. Oggi 20, domani (forse) 18, dopodomani (o forse mai) 16.
La morale salta agli occhi. Riguarda il passato prossimo e si proietta sul futuro: in Italia non è che al calcio manchino i soldi, è che si spendono male. Malissimo. Per non dire di peggio… L’altro dato da incrociare è naturalmente quello della caduta verticale della presenza di calciatori italiani in Serie A, il cui minutaggio in campo è sceso addirittura al 43%. Quale che sia il prossimo presidente federale questa deve essere la sua priorità. Ribaltare quel trend e, magari con l’aiuto dello Stato che non dovrebbe fermarsi alla legge sullo ius soli (a proposito, che fine ha fatto quella che il ministro vigilante sullo sport Gnudi, predecessore di Delrio, chiamava legge Balotelli?), andare a guardare dentro il modo di spendere di tanta, troppa Serie A. Un tema delicato, e obiettivi di non facile attuazione. Perché è semplicissimo parlare di un rilancio dei vivai, programma a lungo termine e tema un po’ fumoso, altra cosa e mettere mano e incidere sul presente e sul futuro prossimo. Legge Bosman docet, con l’Europa c’è poco da discutere, se un presidente vuol costruirsi una formazione fatta interamente di giocatori greci (per dire di gente che è arrivata agli ottavi del Mondiale…) libero di farlo. Ma sul resto, sui milioni e milioni di euro che scorrono verso il sud e il centroamerica, e spesso su giocatori che valgono uno e vengono chissà perché pagati dieci, si può fare tantissimo. Tanto più con uno Stato sensibile al problema al proprio fianco. Basta volerlo. E sapere che si andrà a pestare qualche callo. In Germania, ma poi anche in Belgio e in Svizzera sembra proprio ce l’abbiano fatta. Proviamoci anche noi