(U. Trani) Cesare Prandelli entra nel mondiale e si prende la scena. La prima vittoria della Nazionale qui in Brasile ha il suo marchio. Inequivocabile. L’impronta che l’Italia, al debutto, lascia sul prato dell’Arena Amazonas è più definita di due anni fa, quando a Euro 2012, gli azzurri furono comunque protagonisti proponendo gioco e garantendo divertimento. Adesso, vedendo la prestazione contro l’Inghilterra, il copione sembra più ricco. L’idea, però, resta la stessa. Costruire e mai distruggere. Il ct, insomma, va a avanti con la rivoluzione iniziata il 10 agosto 2010, a Londra, nell’amichevole persa contro la Costa d’Avorio che, il 29 giugno a Recife, può essere l’avversaria degli ottavi. Così conferma di aver raggiunto qualcosa di inimmaginabile per il nostro calcio, cambiando la mentalità di chi, per vincere, pensava in primo luogo a difendersi.
OLTRE L’UTOPIA
In serie A è raro vedere squadre comportarsi come l’Italia di Prandelli. Quasi non esistono. Lo spirito del ct è l’opposto di quello degli allenatori fatti in casa (nostra). Solo Rudi Garcia, non a caso francese e di origini andaluse, sceglie lo stesso percorso. Tiqui taça o possesso palla, chiamatelo come volete. Serve per avere l’iniziativa, per comandare in campo e creare occasioni. Per prendersi il match e il risultato. Ritmo, equilibrio e organizzazione: parole chiave per conquistare punti e non solo consensi. Prandelli come Garcia, sempre pronti a modificare l’assetto in corsa. Se il sistema di gioco è il 4-1-4-1 o il 4-3-3 cambia poco. Anche la Roma ha il trio qualità a centrocampo: De Rossi, basso davanti ai centrali difensivi come fa pure in azzurro ormai da quasi un mese, Pjanic e Strootman. Registi o palleggiatori, fate voi, come Verratti e Pirlo. I terzini si alzano, Maicon e Balzaretti (Dodò), anche oltre la linea del centrocampo, trasformandosi in ali, come Darmian e De Sciglio (meno Chiellini: lì, se fosse per lui, non giocherebbe). Chi è davanti, Gervinho e Florenzi (o Ljajic) si stringe o taglia in mezzo, per far passare i terzini e non dare riferimenti, sistemandosi dietro l’unica punta. Con il falso nueve, come Totti. E come vorrebbe essere Balotelli (il ct, invece, gli chiede di fare l’uomo d’area). Con il centravanti, cioè Destro che sarebbe stato benissimo anche qui. L’unica differenza: i giallorossi giocano più palla a terra, gli azzurri invece fanno più cross.
FISICO BESTIALE
Inglesi con la lingua di fuori a metà ripresa e italiani ancora lucidi non avendo sprecato energie a vuoto. Sconfitta, dunque, l’umidità che non fa respirare e correre e battuto il caldo che annienta e stordisce: tutto grazie alla preparazione pesantissima di Coverciano, alla casetta Manaus usata per allenarsi alle condizioni ambientali trovate sulla riva del Rio Negro, ai test personalizzati con cui ogni giocatore è stato valutato e di conseguenza alle scelte mirate tenendo ben presente lo stato di forma dei singoli. Prandelli ha avuto ragione, ben supportato da preparatori e fisioterapisti, tecnici e medici. La missione in Africa (del Brasile) è stata studiata nei dettagli, dopo il crollo fisico nella Confederation e all’Europeo.
BANCA DATI
L’Italia, tatticamente, è avanti. Ogni calciatore, con un’applicazione presente sui rispettivi tablet, sa che cosa deve fare in campo se si trova in una posizione piuttosto che in un’altra e se davanti ha Rooney, Welbeck o Sterling. Pure Sirigu, informato sulle caratteristiche dei rivali, può tranquillamente sostituire capitan Buffon. Aggiornamenti previsti: i terzini si devono abituare a rientrare rapidamente quando sono alti e a rischiare di meno il passaggio (gol inglese dal lato di Darmian) e i centrali difensivi a essere più attenti nelle zone calde e scoperte. Siamo solo all’inizio.