Ciro Esposito non ce l’ha fatta. Il tifoso del Napoli ferito da un colpo di pistola al petto nelle ore che precedevano la finale di Coppa Italia dello scorso 6 maggio è morto attorno alle 6 di ieri mattina, dopo 53 giorni in cui ha lottato per la vita. Che le sue condizioni fossero disperate era apparso chiaro già dal pomeriggio di martedì quando si erano diffuse le notizie di un repentino aggravarsi delle sue condizioni. Ciro Esposito è morto «per insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali» ha spiegato in una nota Massimo Antonelli, direttore del Centro rianimazione del Gemelli, dove era ricoverato da 50 giorni. La salma del ragazzo è stata trasferita all’obitorio dell’Istituto di medicina legale dell’ospedale Umberto I nei pressi del Verano, dove verrà eseguita l’autopsia. Per Daniele De Santis, l’uomo accusato di aver sparato i colpi di pistola contro Esposito («mio nipote lo ha riconosciuto in un momento di lucidità» ha spiegato lo zio), l’accusa è ora quella di omicidio volontario. I genitori di Ciro Esposito hanno lasciato il Gemelli poco dopo il corpo del ragazzo. Una volta effettuata l’autopsia ci saranno i funerali che non avverranno prima di venerdì o sabato. Il Comune di Napoli provvederà all’allestimento della camera ardente nell’auditorium di Scampia, ovvero il suo quartiere che si stringe attorno alla famiglia di Ciro devastata dal dolore.
Ma che ha comunque la forza per spendere delle belle parole. Toccanti quelle della madre, Antonella Leardi: «Ciro è stato ucciso per un atto di violenza. Questo non deve accadere più. Nessuno più deve pagare e soffrire per una cosa bella come il calcio che Ciro amava tanto. Basta con la violenza. Ragazzi, alzate gli striscioni, applaudite, battete le mani, fate i cori. Nel nome di Ciro basta con la violenza, ve lo vieto. Chiediamo chiarezza e giustizia affinché la persona che ha sbagliato nei confronti di mio figlio possa pagare legalmente. Si deve ravvedere, si deve inginocchiare davanti a Dio e chiedere perdono per il male che ha fatto a mio figlio, a me, alla mia famiglia e alle tante persone che amavano Ciro».
Oltre al dolore e alla disperazione per i familiari c’è spazio anche per la rabbia: «Daniele De Santis non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi nella gestione dell’ordine pubblico ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto. Il nostro sentito grazie al personale medico e paramedico del policlinico Gemelli per la loro umanità e professionalità e a quei napoletani come il proprietario dell’albergo romano che ci ha fatto sentire il calore e l’affetto della nostra città. Al presidente del Napoli, al sindaco di Napoli e al presidente della ottava municipalità di Napoli va tutta la nostra riconoscenza» «È una notizia devastante – ha detto invece il sindaco di Roma, Ignazio Marino -. Come medico, sindaco e uomo non è accettabile l’idea che una persona possa giungere in una città per partecipare a una serata di gioia e tutto questo si concluda con violenza, addirittura una sparatoria. Una giovane vita spezzata mi lascia senza parole. Personalmente questi sono i sentimenti che provo e porto tutta la vicinanza mia e della città alla famiglia». E intanto resta alta l’allerta per l’ordine pubblico. Le questure di Roma e Napoli sono in contatto per monitorare la situazione legata a possibili arrivi di ultrà a Roma. Si temono raid e vendette anche se al momento non si segnalano arrivi neanche di tifosi isolati a Roma.