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IL TEMPO Un disastro premeditato

Allenamento Nazionale
Allenamento Nazionale

(G. Giubilo) – Proviamo a partire dagli spiragli di luce: timidi, quasi evanescenti, ma questo, e soltanto questo, concedono all’Italia del calcio i verdetti del campo, quelli che generalmente non mentono. Le possibilità di superare la fase a gironi restano intatte, ma soltanto sul piano delle cifre. Perché è vero che basterà non perdere contro l’Uruguay, che però ha ritrovato Suarez, il pistolero terribile, ma i platensi hanno dato segni di palese crescita dopo l’inattesa batosta dell’esordio.

Al contrario degli Azzurri, in crollo verticale alla prova del nove dopo la vittoria sull’Inghilterra, non a caso già fuori dai giochi, complice proprio l’Italia che lanciando al vertice la Costa Rica, ha negato a Hodgson qualsiasi chance di reinserimento. La teoria, che per fortuna (o per sfortuna) nel calcio non detta legge, suggerisce che l’Italia potrebbe addirittura trovare il primato, se l’orgoglio inglese dovesse essere più forte dell’entusiasmo costaricense, e gli uruguagi dovessero perdere malamente lo spareggio con gli Azzurri.

Altra nota consolatoria, per quello che serve, la sconfitta di venerdì modifica di poco la situazione di classifica di una squadra che neanche in caso di vittoria avrebbe avuto la sicurezza del passaggio del turno, in un gruppo stravolto dall’intrusione del quarto incomodo, che in due turni si è pappato sei titoli mondiali, e forse non ha finito. Ma adesso è il momento di stabilire come si sia arrivati a questo punto di non ritorno. Quello di Cesare Prandelli, e dunque della nostra Nazionale, si può definire, crudelmente ma ragionevolmente, un suicidio premeditato: nel prima, nel durante, nel dopo. Chiaro come le scelte della vigilia abbiano poi pesantemente condizionato le altre due fasi di questa disfatta, che tale può definirsi in relazione alla caratura della rivale di turno.

Sulle scelte, personalmente avevo espresso doverose perplessità alla vigilia, prima dunque che il campo mi regalasse conferme poco gradite. Nella prima partita aveva offerto certezze la fascia di destra, con Darmian e Candreva. Radicalmente modificata, con effetti devastanti sul laziale, un po’ meno sul granata, neanche lui ai livelli dell’esordio. Verratti era debilitato, ci dicono, da un attacco influenzale, ma visto in campo Thiago Motta era difficile pensare che il suo compagno nel Psg avrebbe potuto fare di peggio, un arrancare penoso, segnali di resa quasi immediati. La mezza rivoluzione, che avrebbe potuto essere limitata lasciando a sinistra Chiellini e inserendo Bonucci, ha portato anche a una maglia da titolare al buon Abate, che non strusciava palla da mesi, finendo in panchina anche nello spelacchiato Milan del finale di stagione. La prateria lasciata sulla sinistra avversaria per il cross a Ruiz, decisivo, è soltanto un’immagine di un disastro largamente annunciato.

Ancora più pesante il bilancio determinato dalle supervalutazioni della prima gara. Balotelli, che aveva segnato un gol elementare, senza fare molto di più, giudicato addirittura come miglior azzurro in campo, quando Pirlo, Darmian, De Rossi e Candreva avevano superiori meriti da vantare. Salvo poi ricorrere alla croce addosso, dopo le due occasioni mancate, che il ragazzo si era comunque procurato con qualche movimento felice. Si passa dal dieci allo zero con disinvoltura, anche qualche giudizio mediatico suggerito da emotività isterica più che da riflessioni tattiche.

Adesso, per lo spareggio di martedì, Prandelli perderà probabilmente anche Daniele De Rossi, che forse avrebbe dovuto essere sostituito prima, visto che zoppicava vistosamente. Ma la parte più avvilente dell’intera vicenda riguarda la terza fase, il «dopo», interpretato nella totale ignoranza della parola vergogna. Si è deciso, dunque, di ipotizzare che i centroamericani fossero avvezzi a temperature torride, mentre in realtà a casa loro sono quasi primaverili. Dunque i nostri poveri figli stremati dal calore e dall’umidità, e le lamentele possono essere giustificate, ma nessuno che a abbia ammesso come gli avversari avessero gli identici problemi, soltanto che erano stati capaci di superarli senza danni vistosi e senza piagnistei. Ma noi siamo i più bravi nel fabbricarci gli alibi, qualsiasi avvocato penalista ci sceglierebbe come clienti ideali, nessuno si sognerebbe di avanzare un’accusa di omicidio. E tanto meno premeditato, come è stato invece il suicidio messo in atto nella sfida, superficialmente prevista come impari, con quella Costa Rica che, diciamolo, ci ha fatto una faccia così.

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