(M. Favale) Uno ha un principio di cancrena e rischia di perdere un piede a Regina Coeli, l’altro, dopo 3 interventi, è ancora in terapia intensiva al Gemelli. Il primo, secondo la ricostruzione della Questura, ha sparato al secondo nel pomeriggio di follia prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina il 3 maggio scorso. Poi, è stato raggiunto e massacrato da un gruppo di tifosi partenopei che lo hanno “punito” per quello che aveva appena fatto al loro compagno.
Poco più di un mese dopo gli scontri fuori dallo stadio Olimpico, al di là della vicenda processuale che dovrà stabilire con precisione la dinamica di quanto avvenuto in viale Tor di Quinto, i due principali protagonisti di questa storia restano legati a distanza anche dalle gravissime condizioni di salute in cui versano.
Ciro Esposito, il tifoso napoletano colpito da un proiettile al torace, è tuttora in prognosi riservata al policlinico Gemelli, dopo che qualche giorno fa è stato sottoposto a una tracheostomia per consentirgli una migliore respirazione. Daniele “Gastone” De Santis, invece, non si è mai mosso dal Cdt di Regina Coeli, il centro diagnostico e terapeutico del carcere romano.
L’ex ultrà romanista, vicino agli ambienti della destra estrema, è arrivato lì nel pomeriggio di domenica 4 maggio, dopo essere stato operato anche lui al Gemelli. Le sue condizioni non sono mai migliorate. Anzi, un mese dopo il violentissimo pestaggio ricevuto subito dopo gli spari davanti al Ciak Village, in zona Tor di Quinto, la frattura esposta al piede destro si è infettata. «Cancrena» è la diagnosi che circola con insistenza. Ne parla il suo avvocato, Tommaso Politi, lo sussurrano da Regina Coeli, lo ipotizza il garante dei detenuti Angiolo Marroni.
De Santis avrebbe bisogno di un altro intervento per evitare di perdere il piede. Lo dicono i sanitari di Regina Coeli, gli unici che hanno visitato in queste settimane “Gastone”: già il 10 maggio, una settimana dopo gli scontri, hanno scritto all’autorità giudiziaria segnalando le sue condizioni e la necessità di un ricovero in una struttura ospedaliera. Dieci giorni dopo hanno ribadito la richiesta «in quanto — scrivono — le condizioni cliniche generali e in particolare la ferita del piede destro operato sono peggiorate notevolmente». Nella lettera, i medici di Regina Coeli fanno anche riferimento ai due ospedali interpellati per il trasferimento di De Santis: «Ad oggi né il Policlinico Gemelli (in cui è stato operato), né il Centro di medicina penitenziaria del Pertini ci hanno dato risposta alla nostra richiesta di ricovero».
Passano altri 10 giorni e, finalmente, arriva una risposta del gip: «Vista la certificazione sanitaria e vista l’urgenza rappresentata dai sanitari si invita la direzione sanitaria del Gemelli a prendere contatti con la direzione sanitaria di Regina Coeli». Qui, però, qualcosa si blocca. Perché, cinque giorni dopo, De Santis è ancora in carcere. Dietro l’impasse ci sono motivi di sicurezza legati al trasferimento di De Santis al Gemelli. Perché nel policlinico dell’università Cattolica è ricoverato Ciro Esposito. E nessuno se la sente di autorizzare un intervento proprio lì, dove fino a pochi giorni fa hanno stazionato diversi supporter del Napoli. Si temono vendette, questa è la versione ufficiale, anche dopo le numerose minacce ricevute da De Santis.
Qualche giorno fa, a Napoli, sono apparsi un paio di striscioni sulla facciata di un palazzo: «Ciro, non faremo festa finché di Gastone non avremo la testa. Romano infame». Tra i lenzuoli con le scritte offensive penzolava un manichino giallorosso, “impiccato” con una corda. Un particolare macabro che non è sfuggito ai magistrati. Al di là delle minacce, però, la situazione di De Santis resta grave. Marroni ieri ha scritto di nuovo al gip sollecitando «un ulteriore e tempestivo intervento al fine di tutelare il diritto alla salute del detenuto che rischia di essere leso». «Non c’è un motivo al mondo che giustifichi questo comportamento», accusa il garante. Un allarme e una pressione che, alla fine, potrebbe portare a uno sblocco della situazione: la soluzione più semplice potrebbe essere un via libera dei giudici a un ricovero presso il Pertini.