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LA REPUBBLICA L’amaro appello del ct “Giochiamo per il Paese loro più patriottici di noi”

Italia
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(E. Currò ) – Dentro o fuori: nel Mondiale dell’Italia non ci sono più mezze misure. E’ inappellabile la sentenza dell’Arena das Dunas, quasi un’arca tra decine di cantieri zuppi d’acqua.«Questa con l’Uruguay è la partita più importante della mia carriera. Siamo determinati, vogliamo vincere». Prandelli scaccia l’idea del charter di domani per l’inglorioso rimpatrio anticipato, ma la parola fallimento aleggia sulla spedizione. È forte il richiamo alla squadra, troppo floscia quattro giorni fa col Costarica. Il ct tocca perfino le corde del patriottismo, espediente retorico dell’antenato Pozzo. Ma è appunto un espediente per esprimere un concetto tecnico: nessuno tiri indietro la gamba. «Se perderemo un contrasto, non dovrà essere perché non volessimo farlo»Molti giocatori lo hanno deluso per questo, nella sconcertante ripresa di Recife. Torme di velenosi archivisti già svolazzano sulla preda: ipotizzano la sconfitta, la seconda uscita consecutiva al primo turno del Mondiale e le annesse dimissioni del commissario tecnico, appena confermato a prescindere dal risultato. La statistica, sommata all’eliminazione agli ottavi nel 2002, ridurrebbe il trionfo di Berlino ad eccezione di un Terzo Millennio da comprimari. Prandelli si limita al messaggio non inedito contro l’ondivago tifo d’occasione. Gli preme di più l’altro concetto tecnico sotteso alla vicenda: oggi gli azzurri hanno grandi responsabilità.

Parecchie dovrà prendersele la nuova generazione, zeppa di campioni ancora virtuali: il carico non è solo sulle spalle dei veterani, ma anche su quelle di Balotelli, Immobile, Verratti, Darmian e del recuperato De Sciglio, debuttante al Mondiale: media d’età 23,4 anni in 5. Per tutti vale, estensivamente, il giudizio individuale su Immobile. «Un attaccante moderno: attacca la profondità, gioca fuori linea, ha senso del gol e aiuta la squadra. Per essere grandi campioni, bisogna avere tutte queste caratteristiche. Se te ne manca una, non sei completo». L’implicita conclusione è che il ct è ancora dubbioso sulla maturità della coppia Balotelli-Immobile, al cui varo si è infine deciso, malgrado la ritenga incongrua: prevale l’esigenza di segnare. «Non ho mai detto che non possono giocare insieme, ma solo che dovrei modificare qualcosa. Non conta il numero di punte: col Costarica ho cercato la rimonta con 4 attaccanti e non ha funzionato». L’opportuno aggiustamento della fase difensiva, in assenza di De Rossi, lo ha spinto verso il 3-5-2 della Juve, con 6 bianconeri in campo. Pare l’abiura del palleggio, manifesto prandelliano. «Concentrarsi sulla tattica è controproducente, se mancano gli altri requisiti.

Caratterialmente, psicologicamente, agonisticamente bisogna lottare su ogni pallone». Manca un avverbio: fisicamente«Abbiamo recuperato le energie fisiche e a livello nervoso siamo pronti. I dati su chilometri percorsi e sprint ci confortano. Dimostrano che l’Uruguay, col Costarica, ha avuto le stesse nostre difficoltà. I timeout? Chi ha giocato alle 13 ha sofferto sempre. Ma non può essere un alibi». Il clima stavolta può aiutare, anche se la gente di Natal scruta il cielo col terrore di chi l’ha appena visto scaricare disastri sulla terra sabbiosa. Invece la pioggia tropicale lava qualche ansia a chi è qui per giocare a calcio. Suarez e Cavani mettono paura. «Una coppia tra le più forti al mondo. Non bisogna concederle occasioni». Un pari basterebbe per gli ottavi, una vittoria non darebbe la garanzia del primo posto: servirebbe il crollo del Costarica con l’Inghilterra. «Giocheremo per vincere. Non sappiamo fare altro. Se poi pareggeremo, vorrà dire che saremo stati bravi a mantenere l’equilibrio ». La prospettiva è nitida: ottavi con la Colomba ed eventuali quarti con la Seleçao, cioè nelle fauci del leone, per sdentato che sia. I brasiliani pregustano l’Uruguay, per la vendetta del Maracanaço. Tocca agli azzurri, da soli, mettersi in salvo sull’arca.

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