(F.S.Intorcia) – L’Italia si è spaccata già nell’intervallo contro l’Uruguay, quando Balotelli ha reagito stizzito agli appunti mossi da Prandelli e ha fatto scoppiare una lite particolarmente accesa. Gli ideali del ct si sono squagliati così: credeva nella forza del gruppo, per superare i limiti tecnici e di esperienza dei singoli. Invece alla fine si è ritrovato con tanti io e nessun noi, e i nodi sono venuti al pettine. In fondo, quello che temeva: che la presenza di Balotelli e Cassano potesse portare più guai che benefici al collettivo.
L’immagine pubblica, simbolo della sconfitta, è Mario che alla fine sbuca da solo, in zona mista, per primo: le cuffie in testa, come sempre, lo sguardo basso, non saluta nessuno, ci mancherebbe, molla i compagni lì, che restano dentro a parlare, chiarirsi, capire, per oltre un’ora, mentre gli uruguagi escono e brindano. Nell’intervallo, il centravanti azzurro non aveva gradito i rimproveri di Prandelli, che anche un attimo prima, in campo, approfittando di una pausa nel gioco, aveva provato per l’ultima volta a catechizzare l’inguaribile monello, abbracciandolo.
La reazione stizzita di Balotelli verso il ct (si sussurra della presenza dei soliti oggetti volanti non identificati, una sedia spostata via con rabbia) ne ha sancito l’esclusione più dei guai fisici. E questa spaccatura viene poi certificata all’uscita, quando Mario se ne va dalla Nazionale, infischiandosene del discorso d’addio che Andrea Pirlo, 35 anni, 112 volte azzurro, campione del mondo osannato come il messia nella culla del calcio, sta per tenere al gruppo. E anche del fatto la squadra, tutta, lo stia aspettando, di ritorno dalle fatiche dell’antidoping. Le parole sono come pietre. Ci sono quelle di Gigi Buffon, il capitano. Lui aveva già redarguito Cassano dopo l’Inghilterra, per le solite bizze di Fantantonio, tollerato più che accolto al suo rientro, dopo due anni d’assenza per motivi disciplinari. «Si sente dire che c’è bisogno di ricambi, che io, Pirlo, De Rossi, Barzagli, siamo vecchi. Ma quando c’è da tirare la carretta ci siamo sempre noi in prima fila. Questi giocatori andrebbero rispettati di più per quello che hanno fatto e quello che rappresentano ancora adesso. Quando si va in campo si deve fare: non basta più dire vorrebbe fare o farà».
Sembra il ritratto di Balotelli, l’eterna prmessa che può diventare un campione, ma a forza di se ha già 24 anni e ha fallito un altro appuntamento importante. «Bisogna sempre dare il meglio: qualcuno lo fa sempre, qualcuno no, e qualcuno forse proprio non ha di più da dare. In campo si vede chi c’è e chi non c’è». Fischieranno le orecchie, a Super Mario, sempre meno super in verità, anche quando De Rossi dirà: «Non dobbiamo trovare alibi, ma neppure dimenticare in fretta. Dobbiamo tenere bene in mente quello che è successo e ripartire da uomini veri. Non dalle figurine o dai personaggi: quelli non servono alla Nazionale». Assente ieri per infortunio, il romanista, che nel 2006 aveva i panni del discolo immaturo e ora è un senatore, si dice «d’accordo con Buffon. Sottoscrivo ogni virgola dei suoi concetti. Noi, è vero, incarniamo lo spirito giusto e ci mettiamo sempre la faccia. Chi non si sente di infondere lo stesso impegno e non ha la stessa passione rimanga a casa». Dopo l’Europeo, il gruppo non volle più Cassano. Adesso, sarà dura per Balotelli far pace con i generali. E sul volo che parte stasera da Rio e atterra domani a mezzogiorno a Malpensa, ci saranno imbarazzanti silenzi.