(F. S. Intorcia) L’eliminazione precoce dell’Italia rischia di causare una emorragia di introiti pubblicitari. Ad esclusione della Puma, sponsor tecnico fino al 2018, gli accordi con gli altri partner azzurri scadono a fine anno. La Federcalcio ha già avviato le trattative per i rinnovi, le aziende non scapperanno ma un’Italia così, brutta e divisa, reduce da due fallimenti Mondiali, avrà evidentemente una minore forza contrattuale. Quanto vale l’Italia? Al momento, 56 milioni l’anno. Poco più di 30 arrivano dalla Rai (123 a quadriennio), 14 dalla Puma, 12 dai contratti stipulati dall’attuale advisor, Rcs. La Figc ha 3 top sponsor (Tim, Fiat e Compass), altri 7 sponsor ufficiali (Uliveto, Dolce e Gabbana, Generali, Pai, Nutella, Alitalia, Garnier Fructis), 7 partner (Simmenthal, Radio Italia, Segafredo, Kopron, Bassetti, Fiorucci, Iveco) e un fornitore (Sixtus, che produce i celebri cerotti blu sfoggiati da Balotelli).
Per molte aziende, la missione mondiale era strategicamente fondamentale: la Fiat, che nel 2013 ha fissato il record di vendite in Brasile, sta per aprire un nuovo impianto nel Pernambuco, e Segafredo, che ha una sede nel Minas Gerais e filiali in tutto il Paese, aveva sposato l’Italia due anni fa proprio in vista della coppa in Brasile (e ora affiancherà il Coni fino ai Giochi di Rio 2016). Un Mondiale di appena 12 giorni per l’Italia non è stato una cuccagna per gli sponsor. Quattro anni fa, dopo il flop in Sudafrica, i ricavi da sponsorizzazioni passarono da 40 a 29 milioni (-27,5%). Poi l’avvento di Prandelli, i successi all’Europeo, il restyling di immagine, garantirono subito la ripresa. Oggi, negli ambienti federali resta comunque la fiducia legata al boom della Nazionale sui social network e alla crescita del canale Vivo Azzurro. La spedizione a Mangaratiba, costata 4,7 milioni di euro, ne porterà 6,8 nelle casse federali. Fare un passettino in più, e uscire agli ottavi, ne avrebbe regalati altri 6,5. Troppa grazia.