(G.Mura) – Forse era inevitabile. Da persona corretta, Prandelli si assume tutte le sue responsabilità, pur non essendo il solo responsabile della figuraccia. E Abete lo segue: se per la seconda volta di fila l’Italia esce al primo turno di un mondiale, pur guidata da due tecnici molto diversi tra loro, Lippi, già campione del mondo nel 2006, e Prandelli, è allarme rosso per il calcio italiano. Sempre più sequestrato dai club ma incapace di contromosse, sia in alto che in basso, perché è dal basso che cominciano a scarseggiare la formazione, l’etica, il cosiddetto ricambio. È un discorso che ci allontana dal Brasile. Torniamoci. Quando una squadra non sa creare un’occasione da rete in due partite, merita di uscire. Così come non meritava il rosso Marchisio, così come il comportamento del recidivo addentatore Suarez fa dire che non meritava nemmeno l’Uruguay di andare avanti, o almeno lui individualmente, che si spera stangato dalla prova tv.
E che tristezza sentire Tabarez, un maestro, dire che questo è un mondiale di calcio e non di moralismo da due soldi. Se lui trova normale che un suo giocatore (e non dei più scarsi, anzi) giri per il campo mordendo a tradimento gli avversari, non è un maestro. Orlando el Sucio, nelle pagine di Soriano, piantava spine di cactus, Suarez preferisce piantare i denti. Chissà se quel galantuomo di Mujica ha qualcosa da dire: questa non è garra charrua, è teppismo. L’arbitro messicano Rodriguez Moreno (altro Moreno, arsenico e vecchi fischietti) è solo uno dei tanti arbitri scarsissimi che Blatter e Busacca difenderanno a spada tratta. Fosse partito con l’idea di danneggiarci, avrebbe fischiato un rigore a Bonucci, su Cavani, al 6’st. A testa bassa, pur giocando meno peggio che col Costarica. La solita inzuccata di Godin, l’Italia ha tenuto i piedi nel mondiale fino al 39’st, ma il caldo e l’uomo in meno si erano già fatti sentire.
Dei giovani se l’è cavata bene solo Verratti, audace fino alla spavalderia.Una delle due mosse di Prandelli che non ho capito riguarda proprio Verratti: perché spedire avanti lui, che in mezzo al campo faceva il suo e anche qualcosa di più, e non Marchisio? L’altra: perché Cassano e non Cerci, più veloce e in grado di saltare l’uomo? Ma sono dettagli. Abbiamo in fretta dimenticato che il migliore con gli inglesi era stato Sirigu. Stavolta, prima di dare tutte le colpe all’arbitro, ricordiamoci che in partita ci ha tenuto Buffon, due volte su Suarez e una su Lodeiro. Per due partite di fila in avanti non siamo arrivati a fare il solletico al portiere altrui. Questo chiama in causa le scelte di Prandelli: solo due veri attaccanti su 23 convocati sono pochi, e qualcuno l’ha detto subito.
Tanto più se uno dei due è Balotelli. Con un fallo dei suoi (assolutamente inutile, a centrocampo) è stato il primo a vedere il giallo, con relativa squalifica (fossimo passati). Poi non s’è più visto. Prandelli l’ha tolto nell’intervallo, vai a sapere se per disperazione, per paura che si facesse espellere o perché qualche compagno, della vecchia guardia, gli ha detto che una squadra è fatta di undici e che era insopportabile che molti si facessero un mazzo così mentre lui andava a spasso. Il fallimento dell’Italia del pallone, di Prandelli, di Abete, è anche il fallimento di Balotelli e, in misura minore perché ha giocato meno, di Cassano. Non escludo che il gesto di Prandelli sia dettato anche dalla delusione, quasi dal tradimento che gli hanno riservato questi due compari, proprio quelli che lui ha sempre difeso, a ogni costo, contro ogni evidenza.
Qualcuno ha detto che ci sono i top player e i pop player. Questo qualcuno ha ragione. Ormai i calciatori possono esprimersi su molti campi, ma grandi (o top) sono quelli che la grandezza la mostrano sul campo di calcio. Sarebbe cambiato qualcosa senza l’espulsione di Marchisio? Forse si sarebbe strappato lo 0-0 o forse Pirlo avrebbe azzeccato una punizione dal limite. Gli attaccanti, che non si sono mossi bene, non hanno avuto occasioni. È continuato, purtroppo, il gioco comandato senza mai andare al tiro. Immobile non ha combinato granché, ma la Germania gli farà bene. Su di lui chi arriverà dopo Prandelli potrà ancora contare, su Verratti pure. Parolo non è giovanissimo ma ha vivacità e corsa. Non avrà compito facile chi ripartirà dai cocci di Natal. L’impegno della vecchia guardia non è mancato, la partita sarà ricordata come una delle più brutte di questo mondiale, ma a testa bassa si torna. E anche l’Uruguay non la alzi troppo, non è il caso.