(R. Rignani / I. Sacchettoni) – Gridarono «Daje, spara, ammarali!» a Daniele De Santis. Un’istigazione a premere il grilletto della pistola con cui è stato ucciso Ciro Esposito. Quanto basta per formulare l’accusa di concorso in omicidio volontario. Quattro ultra romanisti, presenti il 3 maggio scorso agli scontri di Tbr Di Quinto prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli, sono stati perquisiti ieri mattina nelle loro abitazioni e poi condotti in Questura Con loro gli investigatori, coordinati dai pm Eugenio Altamonte e Antonino Di Maio, sono convinti di aver ricostruito per intero il commando di tifosi che quel pomeriggio provocò gli incidenti e supportò materialmente e/o moralmente De Santis (ancora piantonato e sotto protezione nell’ospedale di Viterbo) nell’azione in cui mori Esposito. L’inchiesta sembra progredire anche sul delicato fronte della trattativa all’Olimpico per far giocare la finale: il capo ultra Gennaro De Tommaso (Genny ‘a Carogna), che poche ore dopo gli spari davanti alle telecamere di tutta Italia sembrava poter disporre delle sorti della partita, è infatti accusato di violenza privata e interruzione di pubblico servizio. La Digos romana, diretta da Diego Parente, mantiene sempre il più stretto riserbo sulle indagini intorno all’omicidio di Ciro e sul ferimento degli altri due napoletani (Alfonso Esposito e Gennaro Fioretti): la prudenza è legata anche al timore che ogni notizia collegata all’inchiesta sulla tragica fine del tifoso azzurro possa alzare ulteriormente la tensione a poco più di un mese dall’inizio del campionato. Gli esempi non mancano: ieri Rodolfo Nanigiani, il romanista che aveva raccontato di essere stato accoltellato a Napoli da persone che gli avevano detto «Questo è per Ciro», ha smentito alla polizia qualsiasi collegamento fra il suo ferimento e quella vicenda. A riferire che gli aggressori avevano pronunciato quella frase sarebbe stato personale del 118 intervenuto in soccorso del giovane, che ora sarà ascoltato dagli investigatori. Pochi giorni fa era stato chiarito che anche il ferimento di un altro tifoso romanista, sempre a Napoli, non aveva alcun legame con la vicenda di Ciro ma era stato il frutto di contrasti sul posto di lavoro.