(F. Monti) Inevitabile. Le banane di Opti Pobà citate da Carlo Tavecchio venerdì, nel giorno della pubblica investitura per diventare presidente dellaFedercalcio (elezioni a Roma, lunedì 11 agosto), sono diventate una tempesta. Politica e sportiva. I partiti si sono divisi fra chi ha chiesto l’immediata uscita di scena di Tavecchio (Pd e Sel) e chi lo ha difeso (Forza Italia, Ncd, Scelta civica, Lega Nord e Udc); sono intervenuti anche ex ministri (Melandri e Kyenge) e si è pronunciato anche il governo, attraverso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega allo Sport, Graziano Delrio, che ha manifestato «forte irritazione»per la pessima battuta; una presa di posizione chiara non soltanto perché nei giorni scorsi lo stesso Delrio aveva incontrato Tavecchio eAlbertini, ma perché il sottosegretario aveva lanciato la campagna per i diritti della cittadinanza dei giovani stranieri nati e cresciuti in Italia e promosso iniziative contro il razzismo e per l’intercultura.
A metà pomeriggio, sembrava che si andasse verso un colpo di scena, per le fibrillazioni all’interno della Lega di A: alcuni dirigenti, dopo aver appoggiato la candidatura di Tavecchio giovedì in assemblea (contrarie solo Juve e Roma), si sono chiesti se fosse davvero il caso di andare avanti su questa linea. Molte telefonate, ma niente di concreto. Il primo a sollevare il caso era stato il presidente dell’Assocalciatori, Damiano Tommasi: «Sono sconcertato dalla frase su Opti Pobà e le banane. Ma non so se essere ancora più allibito dal silenzio che le ha circondate. Ho ricevuto tante telefonate da parte di giocatori non solo stranieri, ma anche italiani». E il presidente degli allenatori, Renzo Ulivieri, ha commentato: «La gaffe del presidente Tavecchio non riguarda me, ma chi lo ha candidato. Noi candidiamo Albertini; se avesse detto lui una cosa del genere, gli avrei tolto il mio appoggio».
Il più rapido ad attivarsi per «salvare il soldato Carlo», che, all’improvviso, sembra essere diventato indispensabile per il futuro del calcio, è stato il presidente della Lega di B, Andrea Abodi: «La frase è inaccettabile, inopportuna e infelice. Per me il razzismo è una cosa seria, ma una frase non fa di una persona un razzista. La demagogia non è una buona medicina. Siamo tutti maestri soprattutto quando ci riferiamo agli altri. Mi auguro tanta intransigenza anche nell’autocritica ». Seguendo l’ordine di apparizione, è entrato in scena lo stesso Tavecchio: «Accetto tutte le critiche, ma non l’accusa di essere razzista, perché la mia vita testimonia l’esatto contrario. Nel mio discorso, in maniera impropria, e per questo mi scuso ancora, mi riferivo al fatto che sono a favore dell’integrazione, ma al contempo rinnovo la necessità di scoraggiare l’utilizzo di calciatori che non migliorano la qualità del nostro campionato». Così a tarda ora, si è espresso anche il presidente della Lega di A, Maurizio Beretta: «Sull’assemblea della Lega Dilettanti, si registrano ancora dichiarazioni che tendono a strumentalizzare per finalità diverse una battuta infelice, priva di qualsiasi connotazione razzista e per la quale Tavecchio si è prontamente scusato. La sua vita è una continua testimonianza di azioni contro ogni forma di discriminazione. Un intercalare certamente del tutto sbagliato non modifica il giudizio di valore su di lui», che si è occupato «personalmente della costruzione di due ospedali in Togo e Benin ». Mario Macalli, nel ribadire il pieno appoggio al candidato presidente, ha parlato di«strumentalizzazione » e ha ricordato che«nessuno può fare la morale a Tavecchio su questioni di discriminazione razziale, perché ho conosciuto poche persone più impegnate di lui in favore delle popolazioni africane e degli extracomunitari che vivono nel nostro Paese».
Resta il fatto che il calcio italiano ha incassato un’altra pessima figura. Oggi si aspetta la presentazione della candidatura di Albertini, che non può diventare presidente, perché è un ex calciatore e non va bene. La corsa alla guida di via Allegri va avanti. Se il fattaccio fosse accaduto in Inghilterra, dove guardano il curriculum dei giocatori (e dei dirigenti), prima di tesserarli, la vicenda sarebbe già stata chiusa a tempo di record ed è facile immaginare come. Invece giovedì i due candidati verranno ricevuti dal presidente del Coni, Giovanni Malagò: l’intervento dei politici esclude forti prese di posizioni da parte del numero uno dello sport italiano. Se lo facesse, Blatter potrebbe sempre minacciare sanzioni all’Italia, per ingerenze politiche nello sport. E, conoscendo la simpatia del capo della Fifa verso l’Italia, non sarebbe nemmeno dispiaciuto.