(M.Cecchini/V.Piccioni) – Il nuovo presidente non c’è, il nuovo c.t. neanche. Ecco, invece, la data dell’assemblea elettiva: si voterà l’11 agosto a Roma. In sintesi è l’esito di un consiglio federale, quasi telegrafico, riempito dal rammarico di tutti per le dimissioni di Abete, e da una fotografia di posizioni che sono e restano decisamente distanti. E così se a Roma il piatto piange, ci pensa una notizia milanese a chiedere spazio sulla copertina della giornata. È Barbara Berlusconi, vicepresidente e amministratore delegato del Milan, a dire alt alla candidatura di Carlo Tavecchio, numero 1 dei dilettanti e virtualmente in pole position.
BB CONTRO TAVECCHIO E così mentre Tavecchio passa da un microfono all’altro, Barbara gli sottolinea in rosso la carta di identità, i suoi quasi 71 anni, ma soprattutto la lunga milizia dirigenziale in Federazione. «Il governo del calcio italiano va rifondato: spazio a quarantenni preparati». E ancora: «Non rivendico spazi personali. Sono giovane e sto imparando, ma ho avuto la fortuna di conoscere una generazione di quarantenni preparati. Purtroppo queste eccellenze, a volte poco note ma pur presenti fra gli addetti ai lavori, non riescono a trovare spazio perché manca la volontà di rinnovare». Impossibile a questo punto per Tavecchio ignorare l’allusione: «La federazione è un’associazione di società e tesserati. Sono loro che decidono».
«HO GIOCATO A PALLONE» E quanto al problema anagrafico, Tavecchio prima sfida sugli 80 metri il cronista che gli chiede se non sia proprio un nome da rinnovamento…Poi rincara: «Ho giocato a pallone una settimana fa». Per dire: sono in forma. Fin qui le parole pubbliche. Quelle private sono più pesanti. Quando all’ora di pranzo, le dichiarazioni di Barbara Berlusconi sono sbarcate sul tavolo di via Allegri, c’è stato un momento ad alta tensione. Macalli, alleato di Tavecchio più o meno dichiarato con la sua Lega Pro, ha accusato Albertini di essere il «mandante» di quelle parole. Con l’ex milanista che ha risposto arrabbiato: «Ritira l’insinuazione».
IN POLE Fatto sta che le posizioni sono cristallizzate. Tavecchio è in vantaggio: al suo 34% può aggiungere il 17 della Lega Pro e almeno mezza serie A (un 55-60%). Dice il favorito: «Non sono ancora candidato, devo ancora riunire la mia struttura». Cioè: formalmente non lo sono, ma presto lo sarò. Per Tavecchio parlare di «ricambio totale» è ambiguo: «L’acqua va buttata, ma il bambino deve essere salvato». E il quasi candidato prova a fare il pieno d’orgoglio calciofilo: «Il calcio ha perso un’altra partita ed è stato messo alla gogna, ma altre discipline non vincono mai».
ALL’OPPOSIZIONE Damiano Tommasi, però, non ci sta: «Non riesco a commentare candidature che sono sganciate dai programmi. Noi come componenti tecniche vogliamo riportare al centro il progetto sportivo. In ogni caso la mia sensazione è che l’11 agosto non ci sarà solo una candidatura». Come dire: non molleremo e per noi Tavecchio non va. Albertini però non scende in campo, almeno per ora.
DOPO IL C.T. Lo stallo del presidente si riflette sulla scelta dei c.t. Segnalata la frecciata di Macalli a Prandelli, «perché, avevamo un allenatore?», Tavecchio insiste: tutor più giovani tecnici da pescare nella «cantera» azzurra. Tommasi replica: «Direi che di «cantera» ne serve per i dirigenti…». Ma Tavecchio dice di non aver fatto nomi: quindi i vari Allegri e Mancini sono papabili «senza compensi milionari». Fra i nomi di Tavecchio, compaiono Guidolin e Zaccheroni, ma anche Marco Tardelli, mentre accarezza l’idea di far crescere Cabrini, Di Biagio o addirittura Paolo Maldini per un biennio sotto l’ala di uno di quei due allenatori di lungo corso ormai noti a tutti, senza contare che Maldini sarebbe un nome spendibile anche per il Club Italia. Insomma, giochi aperti ovunque. Ma prima di tutto si deve eleggere il presidente.