(A. Pugliese) Ammettiamolo, vederlo in campo già ieri a Rieti sarebbe stato forse un po’ troppo. Del resto, Manuel Iturbe nelle gambe ha solo due allenamenti giallorossi, anche se vederlo correre ed allenarsi sul prato del «Manlio Scopigno» a qualcuno la voglia l’ha fatta venire eccome. Per la sua prima ufficiale con la Roma bisognerà invece aspettare un avversario di lusso come il Liverpool e un’arena monumentale come il Fenway Park, nell’amichevole in programma mercoledì a Boston. Per ora, invece, bastano le prima parole di Iturbe ad «accelerare» i sogni della gente giallorossa. «Mi piace essere un po’ cattivo in campo, perché i difensori lo sono sempre un po’ di più. Mi piace fare le cose cattive perché sono un po’ pazzo… ».
Voglia di lavorare Questa pazzia la Roma si aspetta di vederla in campo, tra scatti, accelerazioni, sterzate e assist. «Garcia mi ha detto di essere felice di avermi qui e di volermi nella stessa posizione che ricoprivo a Verona — continua l’esterno argentino —. Adesso voglio solo allenarmi, per imparare tutte le cose che mi mancano. Stando vicino a Totti e De Rossi ci riuscirò. Il capitano è un emblema, un campione vero, da lui imparerò come ho fatto con Toni». E che avesse una voglia matta di imparare e allenarsi lo si era capito anche giovedì, il giorno del suo sbarco a Trigoria, quando si è presentato al centro sportivo della Roma con tre paia di scarpini in mano. Come dire, «fatemi subito lavorare». Chi l’ha visto uscire dalla macchina ha sorriso. E ha capito.
La scelta Del resto, che la sua fosse una vita in frontiera è scritto nel suo dna: nato a Ciudad del Este (soprannominata la «Triple frontera», è posizionata al confine tra Paraguay, Argentina e Brasile), Iturbe è sempre stato uno che in campo e fuori ha affrontato la vita di petto. Con un pizzico di emozione misto a imbarazzo, lo fa anche stavolta, quando deve spiegare perché ha preferito la Roma alla Juventus: «Non avevo nessun viaggio in programma per Torino, ma ero in vacanza e del mercato non me ne sono interessato. Tre giorni fa sono rientrato in Italia e il mio agente mi ha detto: “Abbiamo questa soluzione che è buona”. E ho scelto la Roma. Lo scudetto? Tutti lo vogliono vincere». Scelta che lo ha acceso subito, fin dal suo primo pranzo in centro, quando il tam tam della radio ha portato davanti al ristorante una ressa di tifosi e cronisti. Una volta uscito di lì, probabilmente Iturbe si è reso conto di essere l’acquisto più caro della gestione americana, il 3° nella storia della Roma (dopo Batistuta e Cassano). «Ma se continuerà a giocare come sa, a Roma il suo valore arriverà a 60 milioni, quanto era la sua clausola al Porto», ha detto Maurizio Setti, suo ex presidente al Verona.
Casa e famiglia Manuel (scelta la maglia numero 7) è a Roma con la madre e le due sorelline. In futuro lo raggiungerà anche la moglie (che era in macchina con lui a Natale, in quel terribile incidente in Paraguay), per ora alloggia in hotel e l’imminente tournée americana non gli permetterà neanche di vedere casa. Lo farà al ritorno, quando vedrà una serie di ville e appartamenti tra Casal Palocco e il Torrino, le due «roccaforti» giallorosse. Lamela gli ha disegnato idealmente la città, sa già cosa lo aspetta e dove trovare angoli di serenità. Il resto magari lo chiederà a Paredes, argentino come lui. Non che Leo ne sappia molto di più, ma una spruzzata di Roma almeno la ha già vissuta.
Garcia felice Intanto, però, oggi tornerà Juan a sudare a Trigoria. «Aver visto così tanta gente a Rieti è stato bello, non solo per Iturbe — ha detto ieri Rudi Garcia —. Per vedere in campo lui e Keita dovremo aspettare ancora un po’. Per ora sono molto felice che la società mi abbia assecondato prendendo giocatori come lui, Emanuelson e Cole. Mi è piaciuto l’atteggiamento di Ashley e di Uçan, sono entrati con voglia e fiducia, mi ha soddisfatto anche Paredes. Stiamo costruendo una squadra per competere in Europa, puntiamo a fare meglio dello scorso anno, noi esistiamo per vincere». La Roma ha voglia di accelerare, Iturbe può impennare il tachimetro giallorosso.