(G. Di Feo) Prove tecniche di Seleccion: fatte. Juan Manuel Iturbe in Brasile c’era: ha twittato con orgoglio i biglietti delle partite, si è fatto fotografare a braccia aperte davanti al Cristo del Corcovado, prima della finale ha esortato i ragazzi con un «Vai Mascherano, domenica i tedeschi te li mangi». E non era nemmeno il suo primo Mondiale: nel 2010 Maradona se l’era portato in Sudafrica insieme alla crema dell’Under 20 come sparring partner. Pure lì maledetta Germania, 4 pere incassate ai quarti ma in compenso lui si beccò i complimenti da Messi, quello vero. Dopo una partitella Leo chiese chi fosse quel ragazzino, gli sussurrò un «Sei bravo, continua così». e via di foto ricordo. E chissà che il terzo Mondiale Iturbe non lo viva dal campo, quello vero. Nel 2018 avrà 25 anni, in base alla firma messa ieri sarà ancora sotto contratto con la Roma e da oggi ha 4 stagioni davanti per deflagrare ad alto livello come gli pronosticano fin da quando era bambino.
Mani e piedi Nato da genitori paraguaiani a Buenos Aires, barrio di Barracas, a 7 anni la famiglia torna ad Asuncion. E Juan, che pure da bimbo inizia in porta, mostra fin da subito un talento non comune con la palla. Chiede di allenarsi con una squadra, ci vogliono soldi, papà Juan fa il muratore e non naviga nell’oro, ma non gli nega il sacrificio: entra nelle giovanili del Cerro Porteno. A 16 anni Troglio (sì, quello della Lazio…) lo fa esordire in prima squadra. Da esterno, il ruolo che gli piace: coi piedi fa tutto, ma giocare a destra per poi scatenare il sinistro rientrando è la morte sua. Lì scatta il caso diplomatico: se lo contendono Paraguay e Argentina, dei primi il c.t. è il Tata Martino che a neanche 17 anni lo chiama per un’amichevole col Cile. Juanito ci va, gioca, ma non è una gara ufficiale, lui ha il mito di Maradona e si sente argentino. E quando lo chiamano a Baires per l’U20 dice sì ma all’aeroporto di Asuncion lo ferma la polizia. Caso risolto dopo tre giorni, intanto il mercato inizia a bollire.
Viaggi Il ragazzo dai 100 dribbling, tanti ne ha fatti l’anno scorso, l’Italia ce l’aveva in oroscopo. Nel febbraio 2010 in quel di Gallipoli il presidente D’Odorico la butta lì: «Ho in mano un ragazzo che ha un talento tipo Messi o Owen. Si chiama Iturbe, lo volevano anche Real e Roma». Volontà divenuta realtà, solo che il giro è tortuoso. Nel 2011 ci prova De Laurentiis, ma niente: lo prende il Porto. Ai dragoni non attecchisce: lo bollano come uno che non la passa mai, vivacchia un anno in tribuna poi il prestito al River lo rivitalizza. Così l’estate scorsa il Porto, che deve sostituire James Rodriguez, è a un bivio: tengono lui o Kelvin, l’altro ‘93 di talento? Tengono il secondo, che ha il non trascurabile merito di aver segnato il gol che vale il campionato al 92’ contro il Benfica. Poi Kelvin s’è fatto solo 6 bocconi di partita, a Iturbe (due gol alla Lazio…) col Verona il resto della A ha preso solo la targa. Timido solo all’apparenza, poche parole per la stampa e tanti scherzi nello spogliatoio, per imparare l’italiano gli avevano consigliato di vedere qualche film «ma a me piacciono quelli dove parlano poco e sparano tanto». Roma gliel’aveva fatta già vedere Lamela da turista. Ora proverà a prendersela.